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Il populismo polacco: come ci siamo arrivati

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Pochi giorni fa, la Camera del Parlamento polacco ha approvato un disegno di legge per attuare misure d’intervento contro ogni tipo di “promozione dell’attività sessuale minorile”. Secondo le ONG locali e le associazioni per i diritti umani, la proposta non è altro che un tentativo di ostacolare l’educazione sessuale nelle scuole, già particolarmente osteggiata e definita “causa di depravazione precoce”. Questo è solo l’ultimo dei provvedimenti ultra-conservatori promossi dal governo appena rieletto per il secondo mandato consecutivo.

Infatti, lo scorso 13 ottobre è stato un giorno decisivo per la Polonia: il partito Diritto e Giustizia, acronimo PiS, al governo dal 2015, ha ottenuto il 43.8 percento dei voti, garantendosi la maggioranza assoluta alla Sejm, la Camera bassa, ma perdendo la posizione dominante in Senato.

Risultati delle elezioni polacche per la Camera, 13 ottobre 2019

Nonostante le numerose proteste che hanno costellato il primo mandato del partito, Diritto e Giustizia è riuscito non solo a riconfermare la propria posizione dominante sulla scena politica nazionale, ma addirittura ad aumentare i consensi: con un incremento di ben 6 punti percentuali rispetto ai risultati del 2015, il PiS si conferma tra i partiti nazionalisti più influenti in Europa.

Ma come si è arrivati a questo punto? Quali sono le idee alla base di questa miscela esplosiva di populismo di destra? E cosa ci può spiegare dell’Europa in cui viviamo?

Un po’ di contesto

Innanzitutto, è fondamentale sottolineare un tratto distintivo di Diritto e Giustizia: al contrario di molti partiti populisti nati nell’ultimo decennio, il PiS è estremamente radicato nella storia della Polonia post-sovietica. Viene infatti fondato nel 2001 sulle ceneri di una parte di Azione Elettorale Solidarność (coalizione di partiti accomunati da ideologie cristiano-democratiche e conservatrici) e da esponenti di Accordo di Centro. Sin da subito il nuovo movimento viene guidato dai fratelli Jarosław e Lech Kaczyński, figure chiave della politica di fine anni ’90 che ricopriranno rispettivamente le cariche di Primo Ministro (2006-2007) e Presidente della Polonia (2005-2010).

Sconfitto alle elezioni da Piattaforma civica (PO), partito di centrodestra liberale, il PiS subisce un profondo cambiamento ideologico ed adotta una dialettica più estremista, con posizioni nazionaliste ed euroscettiche, sulla scia del populismo “orbaniano” che nel frattempo prende piede nella vicina Ungheria. Nell’ottobre del 2015, Piattaforma Civica affonda ai seggi: dal 40 percento passa al 24, subendo i contraccolpi della crisi economica del 2012 e della propaganda populista contro l’elite liberale. Diritto e Giustizia vince le elezioni e ritorna al governo nella sua nuova veste di partito sovranista, inaugurando una stagione di tensioni fatta di tumulti sociali, manipolazione dei canali mediatici e battaglie contro Bruxelles.

Restrizioni sulla libertà dei mezzi di informazione

Con Beata Szydło come Primo Ministro (sostituita nel 2017 da Mateusz Morawiecki) e Andrzej Duda come Presidente della Repubblica, il PiS non perde tempo: a fine dicembre 2015 passa in Parlamento una nuova legge di riassetto dei mezzi d’informazione pubblici per permettere al governo polacco di esercitare un controllo mediatico capillare. In particolare, viene stabilito che i vertici delle maggiori emittenti radiofoniche e televisive statali siano nominati direttamente dal Ministero del Tesoro, eliminando di fatto ogni possibile opposizione e critica al partito.

L’Unione Europea si muove subito per accertarsi che l’esecutivo polacco non abbia violato lo Stato di diritto e minaccia (a vuoto) un intervento contro il provvedimento. Diritto e Giustizia risponde alle accuse sostenendo l’inaffidabilità, la corruzione e la faziosità dei media polacchi, ostili a prescindere nei confronti delle politiche governative.

Le “purghe” di giornalisti ed esponenti di canali mediatici polacchi continuano negli anni successivi. Secondo Amnesty International, nel 2017 più di 234 giornalisti di emittenti pubbliche, tra cui anche leader di alcuni sindacati, sono stati penalizzati, licenziati o costretti a licenziarsi. Anche le testate private vengono prese di mira: un esempio è Gazeta Wyborcza, fondata da Adam Michnik, una figura di riferimento storica per i dissidenti polacchi dai tempi di Solidarnosc. Il giornale è da anni sotto il mirino del PiS non solo per i toni polemici nei confronti del partito, ma anche per il suo carattere europeista e la sua popolarità tra la popolazione polacca. Tra le misure che il governo ha preso contro la Gazeta, spicca sicuramente il taglio dei contratti pubblicitari e la conseguente riduzione delle risorse economiche necessarie alla sopravvivenza della testata.

Restrizioni sui diritti civili

Un altro elemento fondamentale per comprendere Diritto e Giustizia è la posizione del partito in materia di diritti civili. In un paese di forte tradizione cattolica come la Polonia, il PiS si è sempre dichiarato promotore e difensore dei valori cristiani, ma specialmente nell’ultimo periodo ha assunto posizioni molto più estremiste e intolleranti su tematiche quali parità di genere, diritti delle donne e della comunità LGBT e, come accennato in apertura, quella che viene definita “promozione della sessualità tra i minori”.

Il movimento di protesta più famoso anche a livello internazionale è il cosiddetto “Czarny Protest” (“Protesta nera”). Questa serie di manifestazioni ha coinvolto centinaia di migliaia di donne polacche che sono più volte scese in piazza vestite a lutto per opporsi ad un disegno di legge del 2016 particolarmente restrittivo in materia di diritto all’aborto, ottenendo un passo indietro da parte del PiS. Tuttavia, in Polonia vige già una legislazione ferrea sull’interruzione di gravidanza risalente al 1993; inoltre, la maggioranza dei medici abilitati si riserva la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza, rendendo di fatto molto difficile ottenere la pratica.

Ancora nel 2018, il PiS ha tentato un’ulteriore azione restrittiva, proponendo una nuova legge  (“Stop all’aborto”) per eliminare il ricorso all’interruzione di gravidanza per cause legate a malattie genetiche e malformazioni del feto. I cortei non si sono fermati e le voci di protesta sono aumentate: il governo è stato dunque costretto per la seconda volta a ritirare la proposta di legge, ma lo status quo attuale rimane comunque limitante e pericoloso.

Anche la comunità LGBT è da anni sotto il mirino del governo, e non solo: oltre ad una totale assenza di tutele e diritti, i livelli di discriminazione pubblica hanno raggiunto l’apice nel giugno di quest’anno, quando decine di amministrazioni locali si sono dichiarate “libere dall’ideologia LGBT”, in quanto contro la famiglia e la nazione polacca. Gli stessi membri del PiS, tra cui Jaroslaw Kaczynski, hanno definito in più occasioni la comunità arcobaleno come un pericolo per i valori tradizionali. Anche l’Arcivescovo di Cracovia non ha usato mezzi termini per esprimere la sua opinione in merito, definendo l’omosessualità come la piaga del nuovo secolo.

Le proteste non mancano: moltissime associazioni LGBT e non solo da anni scendono in piazza per difendere la propria identità e chiedere un trattamento più equo in linea con le politiche degli altri Paesi europei, ma la strada appare ancora lunga a giudicare dai continui attacchi senza censure da parte delle istituzioni. Inoltre, nel rapporto di Amnesty International viene sottolineato come negli ultimi tempi il governo polacco si stia adoperando per limitare la libertà di riunione pacifica.

Restrizioni allo stato di diritto

I tentativi di indebolimento allo stato di diritto in Polonia sono un dato di fatto: nel 2018, il PiS ha proposto una riforma della Giustizia particolarmente controversa, in quanto incentrata sull’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte Suprema. Questo cambiamento avrebbe comportato l’immediato congedo di 27 magistrati su 74, permettendo così al partito di eleggerne nuovi e dare alla Corte uno stampo filo-governativo e compromettere l’indipendenza del potere giudiziario.

La pericolosità della riforma e la svolta autoritaria hanno subito mobilitato le istituzioni europee. La Commissione ha aperto una procedura di infrazione contro la Polonia, con sanzioni fino alla sospensione del diritto di voto e taglio dei finanziamenti. Diritto e Giustizia ha inizialmente opposto resistenza alle richieste dell’UE, motivando la riforma come un cambiamento necessario per poter eliminare la corruzione nel sistema giudiziario. Solo qualche mese dopo il governo cederà alle pressioni internazionali e proporrà un emendamento per ripristinare la composizione della Corte Suprema.

Da ricordare che nell’anno precedente la Polonia aveva affrontato un’altra procedura di infrazione, insieme all’Ungheria e alla Repubblica Ceca, per il mancato ricollocamento dei rifugiati, violando non solo gli accordi sull’immigrazione ma violando anche i diritti umani. Le polemiche contro l’Europa non sono diminuite negli ultimi tempi, e le posizioni euroscettiche continuano ad essere un punto cardine della dialettica del governo.

Secondo il Democracy Index ed il Freedom House, due dei più importanti indicatori di democrazia, la Polonia ha subito un cambio di direzione nell’ultimo periodo. Come si può notare nel grafico successivo, i punteggi, calcolati su diverse variabili e trasposti in percentuale, diminuiscono progressivamente proprio a partire dal 2015, anno in cui il PiS è salito al potere.

Questo percorso all’interno di uno dei baluardi populisti più resistenti dell’Europa porta ad una serie di riflessioni più generali: il PiS si trova diviso a metà tra nuovi e vecchi meccanismi politici, tra la nuova Unione Europea e la vecchia Unione Sovietica. Se, da una parte, predomina la critica ai diktat europei, allo stesso tempo il governo di Varsavia non stravede neanche per Putin, come dimostrano le recenti tensioni tra i due Paesi. Infatti, le posizioni del PiS hanno un carattere decisamente meno filo-russo rispetto ad altri partiti sovranisti dell’Europa Centrale. Questo rende il populismo polacco un esperimento ibrido ma anche unico in Europa, affondando le sue radici molto più in profondità di quello che riusciamo a percepire in superficie.

Giada Garofani
Nata a Cesena nel '96, a Milano da 4 anni. Laureata in Scienze Politiche alla Bocconi, ora frequento il corso magistrale in Economic and Social Sciences. Nel tempo libero vado ai concerti e a mangiare cinese.

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