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Il candidato: Joe Biden

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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Per Trump non è altro che Sleepy Joe, ma dopo i risultati del Super Tuesday sembra essersi decisamente risvegliato. La sua inaspettata rimonta è stata descritta dai media americani come  “Joe The Miracle”, “Tsunami Joe”, “Joementum”; stiamo parlando di Joe Biden, candidato alle primarie democratiche e possibile sfidante di Trump alle elezioni presidenziali di novembre.

Chi è Joe Biden?

77 anni, nato in Pennsylvania da una famiglia cattolica di origini irlandesi, è laureato in scienze politiche e in giurisprudenza.

È stato senatore del Delaware a partire dal 1972 per sei mandati, e vicepresidente durante tutta l’amministrazione Obama. Ha già tentato due volte, senza successo, la corsa alla Casa Bianca: si è candidato alle primarie democratiche nel 1988 e 2008.

Il 15 aprile 2019 Biden ha annunciato la candidatura alle presidenziali del 2020. Appartiene all’ala centrista del partito democratico, è storicamente a favore di soluzioni bipartisan e di compromessi con i repubblicani; si presenta come l’erede politico di Obama. Parte del suo elettorato sono anche tutti coloro che ritengono “la rivoluzione politica” di Bernie Sanders troppo radicale, nostalgici dell’era pre-Trump e rassicurati dalla promessa di “ritrovare l’anima alla nazione”.

Biden per molti resta comunque un candidato debole per gli scandali in cui è coinvolto: le accuse di contatti fisici inappropriati da parte di sette donne e il suo ruolo nell’ Ukrainegate.

Posizioni Politiche

Economia

Nel suo programma afferma “l’obbligo morale dei nostri tempi è quello di ricostruire la classe media”, si dichiara a favore di un aumento del salario minimo a 15 dollari all’ora, e di un programma economico privo di stravolgimenti in materia fiscale, ma con una maggiore tassazione sulle fasce di reddito più elevate.

Vorrebbe ostacolare i tentativi dei repubblicani nella compressione dei diritti sindacali e della contrattazione collettiva, per “ridare il potere ai lavoratori di guadagnare quello che meritano”.

Nel 2018, in un intervento al Brookings Institute, ha dichiarato:  “Io non sono Bernie Sanders, non penso che 500 miliardari siano la causa dei nostri problemi”.

Istruzione

Nel 2015  Biden si è proclamato a favore di 16 anni di istruzione gratuita, ma nel 2019 ha fatto un passo indietro: 2 anni di università gratuita dal 2019, come sostenuto da Obama

Per le elezioni 2020, dice di voler “investire in tutti i bambini fino dalla nascita”, migliorando le infrastrutture scolastiche dal punto di vista della sicurezza, della tecnologia e dell’efficienza energetica, triplicare i fondi per le scuole in zone con basso reddito, ed aumentare lo stipendio degli insegnanti. 

Per quanto riguarda i prestiti studenteschi, Biden propone un approccio più moderato rispetto a Sanders: non eliminarli del tutto, ma agevolare i dipendenti pubblici e semplificare i programmi di rimborso in base al reddito.

Servizio sanitario

Si è opposto al disegno di legge Medicare for all, promosso da Bernie Sanders e volto ad introdurre un regime di assistenza medica universale, criticando il costo elevato (34’000 miliardi di dollari nel corso di 10 anni).

Sostiene che le riforme del sistema sanitario debbano essere implementate gradualmente; vuole sviluppare il già esistente Affordable Care Act (ACA, o Obamacare), introdotto da Obama nel 2010.

Il suo Affordable Care Act 2.0 consisterebbe in un programma composto da un piano sanitario governativo e un’assicurazione privata; ci saranno incentivi per chi sceglie di aderire all’assicurazione pubblica, e misure per espandere la copertura assicurativa nelle fasce di reddito più basse.

Immigrazione

Nel 2006 ha votato in favore del Secure Fence Act per finanziare la costruzione di una recinzione lungo il confine con il Messico. Da vicepresidente ha sostenuto il programma DACA, che protegge i “dreamers”, giovani entrati illegalmente negli Stati Uniti da bambini. 

Per le elezioni 2020, vorrebbe rafforzare le leggi sull’immigrazione; nel programma afferma anche che “mettere persone nelle gabbie e allontanare i bambini dai genitori” non sia una soluzione plausibile, e che sia necessario “risolvere il problema alle sue radici”. 

È favorevole una riforma comprensiva volta a offrire un percorso di regolarizzazione ai 11 milioni di immigrati non autorizzati con fedina penale pulita e ai “dreamers”. Nel caso dovesse essere eletto, vorrebbe eliminare le politiche di asilo messe in campo da Trump, compreso il Travel Ban (che sbarra l’ingresso a cittadini proveniente da alcuni Paesi a maggioranza musulmana). 

Detenzione di armi

Ha supportato misure restrittive per quanto riguarda la detenzione di armi durante la carriera da senatore, tra cui il Brady Bill nel 1993. Obama, dopo la sparatoria di Sandy Hook (2012), lo ha nominato capo di un’unità operativa contro la violenza armata. 

Se dovesse essere eletto, promette di bandire le armi d’assalto e i caricatori ad alta capacità, restringere il numero di armi da fuoco acquistabili ad una al mese e rafforzare i controlli preventivi.

Aborto e diritti LGTBQ

Storicamente di idee conservatrici, negli ultimi tempi sembra aver rivalutato le sue posizioni. 

È stato sostenitore dell’emendamento Hyde dal 1976 al 2019, che vieta il finanziamento federale per gli aborti, eccetto casi di stupro, incesto o grave pericolo di vita per la madre.

Il 7 giugno 2019 ha scritto su Twitter  “I diritti delle donne e l’assistenza sanitaria sono sotto attacco in un modo che cerca di riportare indietro ogni progresso che abbiamo fatto negli ultimi 50 anni”, e ha sottolineato di non voler presentare scuse per il sostegno dato in passato, ma che  “le circostanze sono cambiate”. 

 Nel 1996 ha votato in favore del DOMA, un disegno di legge (incostituzionale dal 2015) che proibiva al governo federale di riconoscere le unioni civili; ha sostenuto la politica “Don’t Ask, Don’t Tell”, che proibiva a gay, lesbiche e bisex di dichiararsi tali mentre prestavano servizio militare.

Nel 2012, in un’intervista al Meet the Press, afferma di avere cambiato idea e di essere favorevole alle unioni civiliNel programma per il 2020, definisce il suo Equality Act una priorità legislativa, che, se eletto, farà promulgare entro i primi 100 giorni. Vuole combattere le discriminazioni e garantire i diritti LGBTQ nel sistema sanitario e giudiziario. 

Politica estera

Si è opposto all’intervento USA nella prima Guerra del Golfo (1990-1991), ha supportato invece  le operazioni NATO in Bosnia-Erzegovina, nella Repubblica federale di Jugoslavia e nelle missioni in Afghanistan (2001) e Iraq (2002). 

Nel suo programma risaltano fiducia nei confronti della NATO (definita “la alleanza militare più significativa al mondo, il cuore della sicurezza collettiva”) e volontà di cooperazione con gli alleati. Se l’Iran dovesse tornare a rispettare il patto sul nucleare, Biden promette di fare rientrare gli USA nell’Accordo.

Riscaldamento globale

Biden si è interessato al problema fin dagli albori della sua carriera, introducendo nel 1986, da senatore, il Global Climate Protection Act, che doveva sviluppare una strategia di azione contro il cambiamento climatico.  

Da vicepresidente, ha contribuito all’accordo di Parigi (2015), poi definito “il miglior modo per proteggere i nostri bambini e il nostro ruolo di leadership a livello globale”, e che ha promesso di sottoscrivere nuovamente del caso dovesse essere eletto. 

Nel programma per queste elezioni, afferma di voler portare gli Stati Uniti verso un’economia fondata al 100% su energia pulita e produca zero emissioni nette per il 2050, e di voler creare 10 milioni di posti di lavoro nel settore eco sostenibile. 

Primarie 2020

I primi risultati delle primarie per Joe Biden non sono stati dei migliori: quarto posto in Iowa, quinto in New Hampshire e secondo in Nevada, ma ben distante dal vincitore Bernie Sanders. Per molti era già spacciato.

La rimonta è iniziata con la vittoria in South Carolina (dove il 27% della popolazione è afroamericana e simpatizza per la sua vicinanza ad Obama) e ha raggiunto l’apice martedì 3 marzo, con la vittoria in 10 dei 14 Stati che hanno votato.

Complice dell’exploit è stato sicuramente l’appoggio ricevuto da tre candidati moderati ritirati la sera prima del voto (Amy Klobuchar, Bete Buttigiegg e Beto O’Rourke), che hanno permesso un consolidamento dell’ala centrista sotto la sua figura. Il 4 marzo si sono ritirati anche Mike Bloomberg, che gli ha regalato l’endorsement, e Elizabeth Warren, la cui decisione in merito non è stata ancora comunicata.

Il Super Tuesday ha rimescolato le carte della corsa democratica alla nomination (che avverrà a luglio 2020), delineando quella che poteva sembrare una chiara sfida a due, tra Biden e Sanders. Ma, dopo le vittorie del 10 marzo (Michigan, Mississippi, Missouri e Idaho), il vantaggio di Biden appare sempre più evidente.

Per rimanere aggiornato sui risultati delle primarie clicca qui 

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