Articolo pubblicato per Business Insider Italia
In tutto il mondo i Paesi stanno affrontando una crescente pressione per ridurre l’impronta ecologica che lasciano sul pianeta, rallentare il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente per le generazioni future. Viene loro richiesta una minore dipendenza energetica dai combustibili fossili, ovvero petrolio, carbone e gas. Queste fonti oggi provvedono l’80% di energia globale e il 66% di generazione elettrica, contribuendo in tal modo al 60% delle emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale.
Nella lotta al cambiamento climatico sono state messe in atto numerose iniziative politiche, come l’Accordo di Parigi, il Green Deal europeo e gli Obiettivi di sviluppo sostenibili 2030 dell’Onu. Tutte pongono un’enfasi sulla transizione verso fonti energetiche rinnovabili e tecnologie decarbonizzanti. Le cosiddette green energies non sono infatti soggette ad esaurimento, a differenza degli idrocarburi che si stima possano esaurirsi entro l’inizio del prossimo secolo dato l’attuale tasso di consumo.
Secondo un recente report dell’International Energy Agency, nel 2019 la produzione di energia rinnovabile è aumentata del 6%. Questo aumento ha coinvolto in particolare gli impianti eolici e solari, per il 64%, e gli idroelettrici (23%). Negli ultimi anni queste fonti sembrano essere diventate l’alternativa perfetta agli idrocarburi, portando molti governi e compagnie energetiche ad intraprendere questa strada green. Ma siamo sicuri che siano pulite al 100%?
L’acqua: l’oro blu delle fonti rinnovabili?
Pietra miliare delle green energies è l’energia idroelettrica, che oggi rappresenta il 70% della capacità globale di generazione rinnovabile. I Paesi che maggiormente investono in questa alternativa al fossile sono Cina, Brasile e Canada, data l’ampia disponibilità di acqua sul territorio e i bassi costi di produzione e trasporto. Ci sono però conseguenze ambientali legate alla realizzazione di dighe e bacini artificiali, come sfruttamento del territorio, perdita di terreno fertile, deforestazione, distruzione di habitat e fauna.
In Cina, la costruzione della diga delle Tre Gole, la più grande al mondo, ha portato alla sommersione di 1300 siti archeologici, 13 città e 1352 villaggi, al trasferimento forzato di 1,4 milioni di abitanti, e alla distruzione dell’habitat di migliaia di specie animali e vegetali. Tuttavia, il governo cinese non sembra volersi fermare, con in cantiere decine di nuove dighe, sia dentro i propri confini che all’estero, finanziando diversi progetti idroelettrici in Africa – come in Etiopia e Repubblica del Congo. Chi sta facendo marcia indietro sono invece gli Stati Uniti, che hanno recentemente iniziato a demolire numerose dighe costruite negli anni Ottanta, preferendo altre fonti alternative all’energia idroelettrica.
Anche Paesi dell’America Latina stanno prestando più attenzione ai danni ambientali della tecnologia idroelettrica, dimostrando reali sforzi in termini di sviluppo sostenibile. La diga di Itaipù, la seconda più grande al mondo dopo quella cinese, è gestita in modo congiunto da Brasile e Paraguay, e fornisce rispettivamente il 15% e 86% di energia ai due Paesi. I due governi nel 2018 hanno instaurato una partnership con il Dipartimento per gli affari economici e sociali Onu, la “Sustainable Water and Energy Solutions”, inquadrando la diga all’interno di progetti nelle aree di conservazione della biodiversità e salvaguardia di ecosistemi e culture locali. Inoltre, scienziati brasiliani del National Institute for Space Research hanno creato un sistema in grado di catturare i gas presenti nei serbatoi (come metano e CO2) e bruciarli prima che vengano emessi nell’atmosfera.
Le nuove leader nel settore: eolica e solare
Queste energie verdi, tra le più pulite e sostenibili, stanno trainando la crescita nel settore green, grazie a costi sempre più ridotti, sviluppi tecnologici e incentivi governativi.
I rischi legati alle turbine eoliche
Il vento è una fonte abbondante ed inesauribile, che si pone sempre più vincente ed economicamente accessibile rispetto alla produzione fossile. A fine 2019, gli impianti eolici globali erano aumentati del 18% rispetto all’anno precedente. A guidare la tendenza sono soprattutto la Cina, rappresentando il 34% dell’intera capacità eolica installata, e il Regno Unito, che nel 2019 ha toccato il suo record, coprendo il 40% di energia interna grazie a questa fonte.
Sebbene non ci siano emissioni di gas serra durante il processo di produzione di energia in sé, le fasi di trasporto, installazione e manutenzione degli impianti richiedono l’utilizzo di energia, gran parte della quale deriva da combustione fossile. Le emissioni rimangono comunque significativamente minori rispetto a quelle fossili: una turbina eolica produce infatti tra i 9 e 18 grammi di CO2 per kilowatt/ora, mentre l’energia generata da carbone tra i 635 e 1600 grammi.
Estesi impianti eolici rischiano di impattare anche su fauna e habitat locali. Alcuni esperti dell’U.S. Energy Information Administration, hanno però rilevato come diminuendo la velocità delle turbine onshore, ovvero quelle installate sulla terraferma, sia possibile ridurre di oltre la metà le morti di uccelli e altri animali, senza compromettere la produzione di energia. Hanno inoltre scoperto che le turbine offshore, impiantate in mare aperto, in alcuni casi potrebbero addirittura incrementare la popolazione marina agendo da barriere coralline artificiali.
Il futuro dei pannelli solari
I costi di energia prodotta da impianti solari sono crollati dell’83% rispetto a un decennio fa, rendendo anche questa fonte un’ottima alternativa ai combustibili fossili. Tra i maggiori consumatori troviamo gli Stati Uniti, che nel 2019 hanno consumato circa il 15% di energia solare globale, e la Germania, che nel corso dello stesso anno ha coperto oltre il 50% della domanda energetica interna tramite impianti solari. La Cina ha recentemente sovvenzionato lo sviluppo di 3.921 nuovi progetti di energia solare pari a 1,7 miliardi di Yuan (247,64 milioni di dollari).
Anche l’energia solare non è esente dal provocare danni ambientali. Per la creazione delle cosiddette solar farms è necessario sgomberare vaste aree di terreni agricoli o forestali, con conseguenze dannose per l’ambiente locale, come la distruzione di habitat animali e vegetali. Nella lotta al riscaldamento globale le piante sono elemento essenziale, in quanto attraverso la fotosintesi assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno nell’atmosfera. Una soluzione per ovviare a questi problemi, già ampiamente adottata da parte di enti sia pubblici che privati, potrebbe essere quella di installare pannelli solari su tetti o altre infrastrutture urbane, senza così il bisogno di deturpare terreni.
Energia da biomasse, la più economica
Questo tipo di energia deriva da materia organica – rifiuti animali e vegetali, scarti di industrie alimentari, residui di attività agricole e forestali – che una volta bruciata rilascia l’anidride carbonica immagazzinata al suo interno, la quale viene poi incanalata in macchinari in grado di produrre energia elettrica. Rispetto alle sue colleghe, questa green energy non incide sul riscaldamento globale, in quanto rilascia CO2 già parte dell’ecosistema, essendo presente nella materia organica. Dati i suoi bassissimi costi di produzione, sono i Paesi in via di sviluppo a sfruttarla maggiormente, in particolare in Africa dove il 96% di energia rinnovabile consumata proviene dalle biomasse.
Non può comunque definirsi un’energia totalmente pulita e sostenibile, in quanto la combustione di masse (legno e altri materiali naturali) rilascia comunque nell’aria relative quantità di composti dannosi per l’ambiente. Inoltre, in assenza di sufficiente materiale di scarto per la combustione, c’è il rischio di dover ricorrere a ulteriori deforestazioni.
L’Italia al centro della tecnologia geotermica?
Le centrali geotermiche sfruttano il calore della Terra per produrre energia. Rispetto alle centrali fossili, queste emettono circa il 97% di CO2 in meno e i costi di produzione sono minori di circa l’80%. Il punto forte di questa fonte rispetto alle altre rinnovabili, risiede nella sua costante disponibilità, a differenza di fonti come sole e vento che sono invece disponibili solo un terzo del tempo.
In questo campo l’Italia ha un ruolo rilevante, essendo la Toscana il centro della geotermia mondiale. Infatti nella regione sono presenti ben 34 centrali geotermiche, tutte controllate dalla Enel Green Power, la società del gruppo Enel che si occupa di fonti rinnovabili. Non mancano però proteste da parte di cittadini e associazioni ambientaliste a sottolineare i rischi per la salute e il forte impatto ambientale di questo tipo di energia.
Uno dei problemi principali risiede infatti nell’emissione di mercurio e idrogeno solforato, dannosi per la salute umana. Diverse compagnie energetiche hanno perciò sviluppato dei filtri appositi in grado di ridurre notevolmente le emissioni di queste sostanze. Un ulteriore problema è l’emissione di fluidi geotermici che contengono materiali tossici. Stati Uniti, Francia e Germania sono già corse ai ripari, utilizzando impianti a ciclo chiuso o binario, in cui tutto il fluido estratto viene reimmesso nel sottosuolo anziché rilasciato nell’atmosfera. La maggior parte delle centrali toscane ancora utilizzano impianti a ciclo aperto, lasciando così l’Italia un passo indietro.
Cosa possono fare i governi
Le green energies hanno sicuramente ripercussioni negative sull’ambiente, ma nel complesso restano preferibili ai combustibili fossili. La lotta al cambiamento climatico non va letta solo in termini di riduzione di emissioni, ma anche prestando attenzione ai danni ambientali che le energie rinnovabili producono.
La pandemia di Covid-19 potrebbe avere il potenziale di cambiare le priorità dei governi, affinchè includano più investimenti nelle energie rinnovabili come parte fondamentale dei programmi per rinvigorire le proprie economie. Le green energies, oltre che sempre più accessibili, rappresentano una risorsa fondamentale nel ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili.