Articolo pubblicato su Business Insider Italia
Il Regno Unito che si stacca dall’Unione europea rappresenta un polo attrattivo per Cina e Stati Uniti. In un momento che si avvia ad assumere le caratteristiche della guerra fredda, le due potenze si contendono la leadership britannica. Da un lato, gli Stati Uniti rappresentano l’affetto stabile del Regno Unito. Dall’altro anche la Cina è un partner commerciale di estrema rilevanza e con un peso geopolitico sempre maggiore.
Dopo l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), avvenuto nel 2001, l’economia cinese è cresciuta a ritmi che non hanno precedenti, diventando seconda solo agli Stati Uniti. Anche la sua influenza nel mondo è cresciuta, arrivando ad intrecciare relazioni con Europa, Africa e Sud America. Quando la Brexit sarà compiuta il Regno Unito prediligerà accordi bilaterali, ovvero con singoli partner commerciali. Gli Stati Uniti hanno quindi un forte interesse nel confermare il legame storico con il Regno Unito. Ma per capire meglio la scomoda posizione del Regno Unito è necessario analizzare i rapporti di Londra con entrambe le potenze.
Con gli Stati Uniti
Le forze armate britanniche sono ancora oggi tra le migliori d’Europa, così come i servizi di intelligence. Proprio nella difesa USA e UK vantano una lunga tradizione di collaborazione. Il Regno Unito è sempre stato un alleato fedele per gli Stati Uniti in Europa. Talmente fedele da far apparire lo stretto della Manica più ampio dell’oceano Atlantico che divide Londra da Washington. Gli anni di appartenenza all’Ue, infatti, non hanno mai scalfito questa “relazione speciale”.
La Gran Bretagna è poi anche una risorsa per gli Stati Uniti in materia di investimenti. Nel 2017, ad esempio, gli investimenti diretti verso l’estero, i Foreign Direct Investment (FDI), del Regno Unito negli USA si aggiravano intorno ai 614 miliardi di dollari. In altre parole, il 20% di tutti gli investimenti britannici all’estero sono diretti in USA. Viceversa, anche gli Stati Uniti sono i primi investitori del Regno Unito, rappresentando il 26% degli investimenti esteri totali. Infine, non bisogna tralasciare il fatto che i due Paesi condividono un patrimonio culturale e storico fondato sugli stessi valori che hanno plasmato il mondo occidentale.
Gli Stati Uniti di Trump non si sono mai dimostrati particolarmente inclini all’Unione europea, preferendo interlocutori singoli e più flessibili. La Brexit ha creato l’occasione per il Regno Unito di poter stringere un accordo commerciale bilaterale con gli Stati Uniti. Dopo l’Ue, Washington è il più grande partner commerciale della Gran Bretagna con scambi del valore di oltre 230 miliardi di dollari in un anno tra le due sponde dell’Atlantico. L’uscita dall’UE ha offerto la possibilità di sottoscrivere “un nuovo grande accordo di libero scambio con il nostro maggiore partner in materia di sicurezza” aveva scritto sul Wall Street Journal Elizabeth Truss, segretaria di Stato dell’UK per il commercio internazionale.
Con la Cina
Dal punto di vista economico, le interazioni sino-britanniche sono aumentate negli ultimi anni. Questa golden era, ovvero il periodo di avvicinamento tra Regno Unito e Cina, è stato avviato nel 2013 dall’allora Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, fervido sostenitore della Cina, con la stipulazione di accordi commerciali per più di 30 miliardi di sterline in seguito alla visita di Xi Jinping a Londra nel 2015. Ad esempio Li Ka Shing, proprietario della holding Hutchinson Whampoa con sede a Hong Kong, aveva investito 10 miliardi di sterline per l’acquisto della compagnia telefonica O2. La Repubblica Cinese si era impegnata ad acquisire una quota del valore di 6 miliardi di sterline della futura centrale nucleare di Hinkley Point, nel Somerset.
Supportato dal primo ministro del tempo, David Cameron, Osborne era convinto di poter proporre il Regno Unito come primo partner commerciale della Cina. Questo auspicio si è poi rivelato esagerato. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea rimangono i due partner più importanti della Cina. Ciò nonostante la Cina rappresenta il 3,5% dell’export e il 6,6% degli import britannici. Ma il dato che fa più riflettere è quello degli investimenti: la Cina ha investito in FDI in UK più che in qualsiasi altra nazione europea, compresa la più ricca e popolosa Germania.
Questo quadro di relazioni positive rischia di cambiare radicalmente. Durante la crisi da Covid-19, il governo di Boris Johnson si è reso conto, infatti, di dipendere troppo dalle forniture cinesi di materiale medico. Per questo motivo, una task force guidata dal Ministro degli Esteri Dominic Raab sta sviluppando un piano per trovare fonti di rifornimento alternative per beni strategici, che oltre alle attrezzature sanitarie includono apparecchiature per le telecomunicazioni e trasformatori energetici. E’ evidente che il Regno Unito stia tentando di diminuire la propria dipendenza dalla Cina, in vista di un probabile peggioramento delle relazioni diplomatiche anche a causa della stretta cinese sull’ex colonia britannica di Hong Kong.
D’altronde, se il commercio è diventato il centro delle relazioni sino-britanniche solo nel ventunesimo secolo, l’accordo tra Cina e Regno Unito su Hong Kong risale al 1984, con effetti a partire dal 1997. Con la firma della Dichiarazione Congiunta, la Cina si era impegnata a rispettare il principio “una nazione, due sistemi”, fino al 2047. In questo modo, Hong Kong avrebbe potuto mantenere un sistema legale separato da quello del resto della Repubblica Popolare. E soprattutto avrebbe potuto mantenere il ruolo di polo finanziario mondiale. A tutti i cittadini di Hong Kong nati prima del 1997 che ne avessero fatto richiesta era anche stato concesso lo status di British Nationals Overseas (BNO), cioè il permesso di visitare il Regno Unito fino a 6 mesi senza bisogno di un visto.
L’attualità: 5G e Hong Kong
Era solo il mese scorso quando il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, aveva caldamente invitato il Regno Unito a “scegliere da che parte stare”. Gli Stati Uniti non sono disposti a dividere la fedeltà degli alleati con altre potenze avversarie. Durante la campagna che ha preceduto il referendum sulla Brexit del 2016, i sostenitori del Leave sottolineavano la libertà di iniziativa in campo economico e politico che il Regno Unito avrebbe acquisito una volta liberatosi dall’Unione europea.
Per i brexiters la Gran Bretagna avrebbe potuto trarre profitto stabilendo accordi bilaterali sia con gli Stati Uniti, sia con la Cina. Questo auspicio si è rivelato fin troppo ottimistico. Ne è un esempio lo scontro in campo tecnologico e sullo sviluppo delle reti 5G da parte di Huawei in cui il Regno Unito ha appena preso una posizione. Il governo britannico ha deciso per l’esclusione la compagnia cinese e per la rimozione di tutte le sue tecnologie dal territorio entro il 2027.
Proprio come durante la guerra fredda, lo spettro dello spionaggio è tornato ad essere una preoccupazione per gli Stati Uniti. L’amministrazione Trump ha infatti incoraggiato altri paesi ad escludere Huawei dagli appalti per la rete 5G a causa di possibili interferenze da parte della Cina. Il presidente americano aveva già minacciato di estromettere il Regno Unito dalla cooperazione tra servizi segreti dei Five Eyes, ovvero l’alleanza volta allo scambio di informazioni tra i servizi segreti di Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito, se non avesse messo al bando il colosso cinese delle telecomunicazioni. Così, il premier Boris Johnson ha fatto la sua mossa a favore degli Stati Uniti, rivedendo anche le concessioni iniziali che limitavano la compagnia Huawei al 35% delle funzioni. Uno schieramento, però, ha l’effetto di accontentare una parte e scontentare l’altra.
L’ambasciatore cinese a Londra aveva già avvertito l’amministrazione di Boris Johnson che un’eventuale estromissione del colosso cinese dalla realizzazione della nuova rete 5G avrebbe avuto delle conseguenze. Ora che il Regno Unito ha di fatto estromesso Huawei potrebbero essere a rischio gli appalti cinesi per delle nuove centrali nucleari in Regno Unito e uno sulla costruzione di una ferrovia ad alta velocità. E’ risaputo che la Repubblica Popolare Cinese sia molto abile nel punire azioni dannose nei suoi confronti. Ad esempio, nel 2012, in seguito alla visita di David Cameron al Dalai Lama, la Cina aveva congelato i rapporti diplomatici col Regno Unito per un anno.
Hong Kong
Con tutta probabilità, la mossa del governo di Xi Jinping di imporre una legge sulla sicurezza nazionale che limita le libertà della regione amministrativa speciale di Hong Kong, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per il Regno Unito. Un vaso che pendeva già verso gli alleati di sempre, gli Stati Uniti. La risposta del governo di Boris Johnson non si è fatta attendere: più di 3 milioni di cittadini BNO di Hong Kong e le loro famiglie potranno recarsi nello UK per cinque anni senza aver prima trovato un lavoro. Trascorsi i cinque anni potranno poi chiedere la cittadinanza britannica.
L’estensione senza precedenti dei visti per cittadini di Hong Kong e l’allentamento delle regole per trasferirsi in Regno Unito non sono piaciute alla Cina. L’ambasciatore cinese in Regno Unito, Liu Xiaoming, ha parlato infatti di “grossa interferenza” del Regno Unito nelle decisioni della Cina, guardando alle relazioni tra i due Paesi come ad un “punto critico”.
Non si prevede che il conflitto commerciale e ideologico tra USA e Cina finisca presto e la posizione del Regno Unito non è delle più semplici. Da un lato gli investimenti cinesi fanno gola a Londra, dall’altro l’alleato di sempre non ammetterebbe di passare in secondo piano. Ma il Regno Unito ha fatto la sua scelta. Chi lascia la vecchia strada per la nuova, infatti, sa quello che lascia ma non sa quello che trova. E l’amministrazione di Boris Johnson sembra aver applicato questo detto, preferendo ancora una volta il legame con gli Stati Uniti. Il rischio è che dopo l’UK, a trovarsi al centro della questione sia l’intera Unione europea a causa della mancanza di una politica comune che la forza commerciale, da sola, non può compensare.