La sentenza della Corte Costituzionale tedesca
Con la sentenza di martedì, la Corte di Karlsruhe ha stilato una lunga lista di motivi per cui il programma potrebbe essere considerato illegale, ma ha evitato di dichiararlo tale “per ora”. Ha quindi richiesto al governo e al parlamento di portare avanti “un’indagine sulla proporzionalità” delle operazioni della Bce, minacciando che, se i dubbi sollevati non fossero dissipati entro tre mesi, la Bundesbank e le altre entità finanziarie tedesche dovrebbero considerarsi escluse dalla partecipazione al Pspp e, addirittura, rivendere i titoli acquistati come parte del programma.
La sentenza non metterebbe però in pericolo nell’immediato il programma di Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp), programma di QE implementato per rispondere alla crisi del coronavirus. La Corte ha infatti specificato che la decisione non riguardava alcun programma di assistenza nel contesto dell’attuale crisi. Tuttavia, la sentenza ha generato molte controversie e rischia di mettere in difficoltà la già fragile stabilità del programma monetario europeo, oltre ad evidenziare ancora una volta la scarsa compattezza dell’Unione europea.
Il Quantitative Easing: che cos’è?
Il Quantitative Easing (QE) è una politica monetaria non convenzionale tramite cui la Bce acquista titoli di Stato ed altri strumenti finanziari per iniettare liquidità nell’economia, con l’obiettivo di generare un’espansione dell’attività economica e mantenere i tassi d’interesse entro determinati livelli. Queste politiche “straordinarie” possono essere implementate quando il tasso d’inflazione è molto basso e le politiche monetarie espansive tradizionali diventano inefficaci. Quando i tassi a breve termine raggiungono lo zero, l’economia si ritrova nella cosiddetta “trappola della liquidità”, situazione difficilmente risolvibile tramite politiche convenzionali.
Il QE influenza l’economia attraverso più canali. Fornendo liquidità al settore bancario, consente alle banche di concedere finanziamenti ad imprese e famiglie in maniera più veloce e a condizioni più vantaggiose, incentivando così la crescita economica. In seguito ad un aumento della quantità di moneta offerta, li QE tende a deprezzare il tasso di cambio di quel determinato Paese/area, favorendo l’export. Abbassando il rendimento dei titoli governativi il QE genera anche un effetto fiscale. Per i governi l’accesso ai mercati dei capitali diventa meno costoso. Di conseguenza, aumenta la loro capacità di sostegno e stimolo all’economia.
Il Quantitative Easing in Europa
I programmi europei di QE, che prendono il nome di “Asset purchases programmes” (App), sono stati avviati dalla Bce nel 2014. Il “Public Sector Purchase Programme” (Pspp) del Qe ha consentito alle banche centrali europee di acquistare titoli pubblici per oltre duemila miliardi di euro. La Bce ha adottato queste scelte con l’obiettivo di combattere la frammentazione finanziaria, ovvero le differenze dei tassi d’interesse dei prestiti bancari e dei rendimenti fra tra i mercati finanziari dei vari Paesi e scongiurare il collasso della moneta unica, con grande attenzione ai debiti pubblici.
Le regole del programma di acquisto dei titoli pubblici prevedono che gli acquisti della Bce siano proporzionali alle quote detenute da ciascun Paese nel suo capitale, correlate alla dimensione delle varie economie nazionali, e non possano superare un terzo dell’emissione totale dei titoli sovrani di uno Stato. Inoltre, non è possibile acquistare titoli con un rating del merito creditizio inferiore all’investment grade. Solo ad aprile di quest’anno la Bce ha derogato questa regola, ammettendo anche i titoli con un rating basso.
Il Pspp è il programma di acquisti di titoli più imponente, ma non è l’unico.
Le critiche ai programmi di App
La politica di espansione monetaria della Bce è stata fin da subito estremamente controversa. Si temeva infatti che questa sfociasse in un finanziamento diretto del debito degli Stati, illegale secondo i Trattati dell’Unione europea (Ue).
Nel 2015 un gruppo di accademici euroscettici tedeschi ha lanciato una causa presso la Corte Costituzionale riguardo proprio al Pspp. Questi hanno “accusato” la Bce di essere uscita dai limiti imposti dai Trattati, di essere andata oltre al suo mandato istituzionale di controllo dell’inflazione e della stabilità dei prezzi, oltre a non aver rispettato il criterio di proporzionalità nella distribuzione della ricchezza. Essendo il Paese economicamente più forte dell’area-euro, la Germania non ha mai visto di buon occhio i programmi del QE. Gli imponenti acquisti della Bce provocano un forte aumento dei prezzi con conseguente crollo indiscriminato dei rendimenti di tutti i titoli, compresi quelli detenuti dai fondi pensione tedeschi. Per questo motivo i detrattori ritengono che il QE abbia impoverito i tedeschi.
La Corte di Giustizia Europea
Inizialmente, l’Alta Corte tedesca aveva riferito il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Cgue), nella speranza che questa limitasse la libertà di manovra della Bce. Quando però la Cgue ha emanato la sua sentenza nel 2018, rifiutando l’interpretazione restrittiva dei trattati proposto dai tedeschi e dichiarando legale il programma di QE, la Corte di Karlsruhe è diventata inquieta.
In quella che è stata descritta come una vera “dichiarazione di guerra”, la Corte Costituzionale ha poi messo in dubbio il verdetto della Cgue, argomentando che la sentenza fosse “indifendibile” e che l’istituzione avesse fallito nel suo compito di controllo della Bce, riservandosi quindi il diritto di decidere in merito al contenzioso.
Gli effetti legali della sentenza
La possibile portata legale di questa sentenza è epocale, con effetti che il Financial Times ha paragonato a quelli di una bomba nell’ordine legislativo europeo.
In particolare, rifiutando la sentenza della Cgue definendola “inadeguata”, e assumendosi la responsabilità di interpretare quest’area della legge europea, la Corte Costituzionale ha messo in dubbio l’applicazione delle norme europee nell’Unione, ribaltando il principio secondo cui i tribunali tedeschi sarebbero soggetti alla loro supremazia. Questo è il primo caso nella storia del diritto comunitario in cui una corte nazionale nega la giurisdizione della Cgue.
Inoltre, il giudizio della Corte Costituzionale, che sostiene la visione che il diritto europeo prevalga su quello dei singoli Paesi solo nei casi in cui il primo non intacchi l’identità costituzionale degli Stati membri, va contro al principio di comunità contenuto nei trattati costitutivi dell’Ue.
Il risvolto pratico più inquietante di questo precedente si potrebbe vedere nell’Europa centro-orientale, dove i Paesi del gruppo Visegrad si trovano spesso in conflitto con l’UE su questioni che riguardano la tenuta democratica e la solidarietà all’interno dell’Unione.
La sentenza della Corte Costituzionale tedesca, infatti, segue lo stesso ragionamento seguito dai governi di questi Paesi, che rivendicano il primato delle costituzioni nazionali sui Trattati europei. Potrebbe quindi essere usata come un’arma, per esempio, nell’attuale scontro tra Polonia e Ue riguardo la riforma della giustizia polacca.
Le conseguenze della sentenza sulla politica monetaria europea
Se la Bce non dovesse fornire nessuna valida giustificazione agli occhi dei tedeschi, la Bundesbank non potrà più partecipare al programma Pspp. La Bce agisce per mezzo dell’Eurosistema, ossia il sistema di banche centrali dell’area dell’euro responsabile dell’attuazione della politica monetaria unica. Non è la Bce che acquista e detiene materialmente i titoli, bensì le singole banche centrali nazionali. Se la Bundesbank fosse obbligata a non acquistare più titoli ed anzi a vendere quelli detenuti in portafoglio, pari a circa 534 miliardi di euro, sui mercati finanziari potrebbe generarsi il caos. Nello scenario peggiore potrebbe addirittura verificarsi la rottura del sistema ed il crollo dell’euro.
Inoltre, pur non riguardando il Pepp, la sentenza rischia di indebolire la risposta monetaria alla crisi del Coronavirus, aggravando una situazione piuttosto complessa. Questo nuovo programma è, infatti, ancora più suscettibile alle accuse sollevate dalle Corte Costituzionale tedesca perché è stata abolita la regola del limite massimo di acquisti di titoli per ogni Stato. Come sostenuto da Bruni e Villafranca, questa deroga non potrà essere infinita perché prima o poi bisognerà ristabilire la proporzionalità. Se la Bce non dovesse prolungare il Pepp oltre la fine dell’anno e/o ampliare le somme acquistate, nei prossimi mesi si potrebbe assistere all’acquisto di una minore quantità di titoli italiani a favore di altri Paesi come la Germania. Secondo Simon Wells, capo-economista della banca d’affari HSBC, l’esclusione del Pepp dalla sentenza potrebbe rendere la Bce più propensa ad espandere questo programma, piuttosto che ad insistere sui programmi “tradizionali” del QE. Gli analisti della BofA prevedono che il Pepp sia raddoppiato entro qualche mese per poter sostenere i debiti pubblici dei Paesi del Mediterraneo. Se la sentenza della corte tedesca dovesse però creare un precedente, esponendo anche il Pepp a sfide legali, gli effetti sarebbero catastrofici, soprattutto per gli Stati più indebitati. Le spese per gli interessi di alcuni Paesi, con l’Italia in prima linea, diverrebbero insostenibili e l’ultima ancora di salvezza sarebbe il programma Outright monetary transactions (Omt)mai implementato fino ad ora, al quale, però, si accompagnano le rigide condizionalità imposte dal Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Più in generale, l’economista e docente universitario Donato Masciandaro ritiene che la legittimità delle politiche monetarie non tradizionali venga messa sempre più in discussione quando queste vengono prolungate nel corso del tempo.
La sentenza pone dei dubbi sulla futura indipendenza della Bce. L’Alta Corte ha, infatti, stabilito che le istituzioni tedesche dovrebbero monitorare maggiormente le azioni della banca centrale per accertarsi che la divisione tra politica monetaria ed economica sia debitamente rispettata.
Le reazioni
La decisione della Corte costituzionale è stata accolta freddamente in Europa. La Commissione europea ha affermato la supremazia della legge europea e il fatto che le sentenze della Cgue si debbano considerare vincolanti per tutte le corti nazionali. La Bce si è limitata ad emettere un breve comunicato in cui dichiarava di aver “preso atto” della decisione e ricordando anch’essa il giudizio positivo della Cgue sulla legalità del programma di QE. La Corte di giustizia europea si è limitata ad affermare che non commenta le sentenze nazionali ed a rimarcare la competenza esclusiva nel giudicare la legittimità dei programmi delle istituzioni europee.
In Germania, i commentatori più conservatori hanno accolto la decisione con entusiasmo, apprezzando che la Corte abbia ricordato alcune delle loro principali critiche alle politiche della Bce. In particolare, Ralph Brinkhaus ha affermato che la sentenza della Corte è un’occasione per mettere in dubbio le decisioni della Bce in un dialogo costruttivo. Jens Weidmann, governatore della Bundesbank a lungo critico riguardo ai programmi di Qe, ha detto che è necessario assicurarsi che il programma non sfoci nel finanziamento monetario dei governi. Anche Friedrich Merz, candidato alla successione della Merkel, è d’accordo con le “toghe rosse”. La cancelliera si è limitata a notare che “l’Alta Corte mostra chiaramente alla Bce i suoi confini”.
I Verdi, tramite Sven Giegold, portavoce al Parlamento europeo, si sono mostrati in disaccordo. Wolfgang Schaeuble, il presidente del Bundestag ed ex Ministro delle Finanze, ha dichiarato che la sentenza della Corte mette a rischio l’esistenza dell’euro.
Testo scritto con la collaborazione di Giovanni Simioni