Articolo pubblicato su lavoce.info
Torna in auge la richiesta di una nuova riforma della Rai, per liberarla dalle ingerenze della politica. In molti guardano al modello Bbc. Ma a fare la differenza è la cultura dell’indipendenza più che la struttura degli organi di controllo e gestione.
L’eccessiva ingerenza dei partiti affligge la Rai ormai da decenni. Da qui nasce l’esigenza di una riforma che ancora oggi rimane tema di dibattito. Le proposte che circolano da anni sono principalmente due: la privatizzazione, anche parziale (cioè solo delle attività commerciali della concessionaria), e la riforma della governance sul modello BBC (British Broadcasting Corporation), spesso considerata come pratica virtuosa per quanto riguarda il servizio pubblico radiotelevisivo. Ma cosa caratterizza la gestione della BBC e cosa si può “copiare” dall’esperienza britannica?
L’ultima riforma Rai: tutto cambia perché nulla cambi
L’ultima riforma della Rai, avvenuta nel dicembre 2015, ha modificato il Testo unico della radiotelevisione, introdotto con la legge Gasparri nel 2005.
La revisione ha ridefinito il Consiglio di amministrazione della Rai, ridotto da nove a sette membri, e la designazione dei suoi membri. La Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (comunemente Commissione vigilanza Rai), che ha storicamente esercitato il controllo politico sulla Radiotelevisione italiana, è stata spogliata dei suoi poteri di nomina. Fuori i partiti dalla Rai? Non proprio, il nuovo statuto della Rai prevede che la composizione del CdA sia definita come segue: due eletti dalla Camera dei Deputati e due eletti dal Senato della Repubblica, due designati dal Consiglio dei Ministri (su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze), uno designato dall’assemblea dei dipendenti della Rai S.p.A..
La nomina del CdA secondo questa nuova normativa è avvenuta nel 2018, con l’elezione di Marcello Foa come Presidente e Fabrizio Salini come Amministratore delegato. A fine giugno il governo Draghi e il parlamento decideranno se confermare i consiglieri precedentemente designati. E la battaglia sembra già essere cominciata.
Informare, educare, intrattenere: Il modello BBC
Il quadro normativo della BBC pone le sue basi sulle Royal Charters di prerogativa regia. Carte che vengono emesse con cadenza decennale dalla Regina su indirizzo dell’esecutivo, e delineano missione, obiettivi e funzionamento dell’emittente pubblica britannica. L’ultima Royal Charter, promulgata nel 2016 e in vigore dal 2017, ha profondamente modificato il precedente assetto di governance della concessionaria. Il cosiddetto “modello BBC”, che nel corso degli anni è stato fonte di ispirazione di diversi disegni di legge sulla Rai, prevedeva un sistema di governance bicefalo, per garantire la massima indipendenza della Corporation. Da una parte l’Executive Board, incaricato della gestione esecutiva della compagnia, dall’altra il Trust, un organo a cui erano affidati la definizione della direzione strategica complessiva della BBC e l’esercizio di controllo generale sull’operato.
I componenti del Trust venivano nominati dalla Regina, su consiglio dell’esecutivo. Il Trust, successivamente, aveva il compito di nominare i membri più importanti dell’Executive board, rispettivamente Presidente e Direttore generale.
Con la Royal Charter del 2016, tuttavia, si è assistito a un cambio di rotta. Un White paper di Sir David Clementi, ha evidenziato una serie di criticità di un sistema definito imperfetto e difettoso. Secondo il libro bianco, l’attività del Trust si sovrapponeva con quelle dell’Executive Board e dell’Ofcom, l’ente regolatore delle comunicazioni, a discapito di un processo decisionale chiaro ed efficace.
Accogliendo tali critiche, la nuova Royal Charter non prevede il Trust, e affida esclusivamente all’Executive board la direzione strategica e all’Ofcom la funzione regolatoria e di controllo dell’ottemperanza della missione pubblica dell’emittente. Un sistema che ha avvicinato per certi versi il modello BBC a quello Rai.
Quale formula per l’indipendenza?
Nonostante il cambio di sistema di governance, la BBC non sembra aver perso la sua credibilità né la sua indipendenza dalla politica. Secondo i Digital News Report stilati dal Reuters Institute nel 2019 e nel 2020, la BBC è l’organo di stampa più consultato– sia online che offline– dello UK. All’interno del campione analizzato, la BBC è anche ritenuta la più imparziale tra le testate britanniche. Secondo gli stessi report, la Rai risulta invece essere l’organo di stampa più consultato offline– mentre arranca online– ma non viene considerata come la più imparziale (si classifica dietro Ansa, SkyTg24 e Sole24Ore).
L’esperienza britannica mostra quindi come una governance suddivisa tra più organi potrebbe non rappresentare la migliore soluzione per un’emittente pubblica. L’indipendenza della BBC sembra essere garantita da due elementi: il ruolo dall’intervento della Regina nelle nomine dell’Executive Board e una marcata cultura dell’indipendenza. Il primo, seppur formale, garantisce una sorta di effetto mitigatore nelle designazioni. Questa prassi potrebbe essere adottata anche in Italia, attribuendo la nomina del CdA Rai al Presidente della Repubblica. Il Capo di Stato eserciterebbe una funzione di controllo su eventuali nomine eccessivamente partigiane. Per quanto riguarda la seconda invece, è bene ricordare che la necessità che l’emittente pubblica sia indipendente viene costantemente ricordato in tutte le Royal Charters, mentre in Italia tale principio è stato abrogato nel 2004.
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* Immagine in evidenza: photo by Tim Mossholder on Unsplash