Passando per le risate che ci facemmo qualche giorno fa e per termini come “Plastic Tax” e “Sugar Tax”, cerchiamo adesso di capire cosa sta succedendo tra le mura del Parlamento, spiegando questi due nuovi provvedimenti e cercando di capire come e quanto impatteranno sulla vita delle persone: cosa si intende per Plastic Tax e per Sugar Tax?
Sugar Tax
Con Sugar Tax si intende genericamente una tassa ideata per ridurre il consumo di bibite ad alto contenuto di zuccheri. Le bevande oggetto di una tassa di questo genere sono solitamente i soft drink con aggiunta di C02, come sport drink ed energy drink.
I dati a sostegno della tassa sono i seguenti: secondo quanto riportato dall‘Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (in inglese, OECD) sul proprio sito, circa il 30% dei bambini italiani (e il 45,1% degli adulti) soffrono di obesità e sovrappeso, collocando il Bel Paese al terzo posto in Europa dopo Grecia e Spagna per il tasso più alto.
Per queste ragioni società scientifiche, medici e nutrizionisti hanno scritto una lettera al Ministro della Salute chiedendo l’implementazione della cosiddetta Sugar Tax. Ma quali bibite andrà ad incriminare?
Com’è facile immaginare, la Sugar Tax andrà a colpire una vasta selezione di bibite (merendine escluse, secondo quanto affermato dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in un’intervista per il Sole 24 Ore), alcoliche e non, come per esempio acqua tonica, cedrate, aperitivi analcolici, bevande energetiche e succhi di frutta.
L’importo della tassa applicata dipenderà dalla quantità di zucchero contenuta nella bibita, secondo alcuni parametri non ancora confermati. Essa, inoltre, non ammetterà agevolazioni fiscali di alcun tipo.
La legge, che ricordiamo non essere ancora entrata in vigore e neppure approvata, prevede come copertura principale la revisione delle spese fiscali. La modifica è ora al vaglio della Commissione Bilancio e se ne attendono i risultati.
Plastic Tax
Allo stesso modo, con Plastic Tax si intende una tassa ideata per ridurre il consumo o la produzione di materie plastiche. Solitamente l’obiettivo di queste tasse sono le plastiche cosiddette “monouso”, ossia non riciclabili o non biodegradabili, considerate dannose per l’ambiente in quanto fonte di inquinamento.
Alcuni degli esempi dei prodotti che subiranno la tassa sono bottiglie di plastica, buste e vaschette in polietilene monouso (come quelle che contengono l’insalata). Con esse, anche il tetrapak del latte o i contenitori dei detersivi, il polistirolo, i tappi, le etichette di plastica. Si aggiungono i manufatti in plastica usati per la protezione o per la consegna delle merci, i rotoli in plastica pluriball e pellicole e film in plastica estensibili. Secondo alcune indiscrezioni, l’imposta pare sia di 1 euro al chilo.
Tuttavia, non tutti i prodotti in plastica monouso sono interessati dall’aumento. Ad esempio, sono esclusi dall’aumento le siringhe, i prodotti riutilizzabili come le taniche o i contenitori per la custodia di oggetti. In sostanza, si salvano gli oggetti che possono avere un uso duraturo, ammortizzando così il ricorso alla plastica, e quelli legati alla salute.
Paura dei consumatori è che le aziende scarichino i costi sugli acquirenti finali, facendo aumentare la spesa delle famiglie. Secondo quanto stimato da Federconsumatori e da Codacons, l’aumento potrebbe aggirarsi intorno ai 150 euro per famiglia.