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Perché la Nato del futuro passa dallo Strategic Concept

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Gli Stati membri della Nato si sono riuniti dal 28 al 30 giugno a Madrid con il fine di elaborare una strategia per il futuro dell’Alleanza che fosse coerente con i cambiamenti dell’ultimo decennio, dalla guerra in Ucraina all’ascesa cinese, aggiornando l’ultimo Strategic Concept elaborato nel 2010. Il nuovo documento si inserisce in un contesto in cui la geostrategia è tornata predominante in Europa, come dimostra lo Strategic Compass sviluppato dall’Unione Europea (Ue) a marzo del 2022, in cui si rimarca l’obiettivo di trasformare l’Ue in una potenza in grado di provvedere alla propria sicurezza e difesa. Il Concetto Strategico della Nato si pone come obiettivo quello di rispondere al meglio, per i prossimi 10 anni, alle minacce individuate. Ma di quali minacce si parla? Come è cambiato l’ambiente securitario rispetto a 10 anni fa? E cos’è uno Strategic Concept?

Lo Strategic Concept: le radici e gli sviluppi

Lo Strategic Concept è un documento che traccia la linea strategica che gli Stati membri della Nato intendono percorrere nel futuro; ha di conseguenza il duplice scopo di mantenere attivo e vigile l’impianto di sicurezza (e deterrenza) dell’alleanza e di reagire agli sviluppi globali, siano essi di natura militare (vedasi la guerra in Ucraina o la lotta al terrorismo) o di natura generale (come il cambiamento climatico). La sua origine coincide con i primi anni dell’Organizzazione: il primo, lo “Strategic Concept per la difesa dell’area nord atlantica”, venne approvato nel 1949, e al suo interno erano contenute le basi per la struttura della Nato (il suo ruolo di deterrenza ed il contributo che ogni Stato membro è tenuto a dare, proporzionalmente ai propri mezzi). Dal 1949 in poi sono stati elaborati sette documenti, che intendevano sia rispondere alle crisi internazionali, come il secondo sulla guerra in Corea del 1950, sia ridisegnare l’intero impianto strategico, come il quarto Strategic Concept del 1968, con il quale la Nato adottava la dottrina della risposta flessibile (impiego di armi convenzionali e nucleari equiparate al tipo di attacco subito).

In generale, prima dell’ottavo Concetto Strategico, si possono individuare due fasi del pensiero strategico della Nato: il periodo della guerra fredda ed il periodo ad essa successivo. Dal 1949 al 1991 l’obiettivo dell’Alleanza era quello di garantire la difesa dell’area nord atlantica contro un avversario ben specifico, l’Unione Sovietica. A partire dal 1991, con il crollo dell’Urss, ai due elementi cardini di difesa e deterrenza si sono aggiunti la cooperazione e la sicurezza, anche per provvedere al meglio all’ingresso dei nuovi Stati dell’est Europa. Inoltre, in questa seconda fase la Nato ha iniziato ad ampliare il proprio raggio d’azione, non più confinato alla sola Europa ma includendo anche altri luoghi (come l’intervento in Iraq e Kuwait, in Afghanistan e l’operazione antipirateria Ocean Shield nel Corno d’Africa). Lo Strategic Concept del 2010 fa ancora parte di questa seconda categoria in cui si continua a sostenere la politica della porta aperta all’ingresso di nuovi Stati.

Il nuovo Strategic Concept 2022

Il documento presentato al termine del summit di Madrid si discosta da quelli precedenti per le sfide che vuole affrontare e per i rischi che evidenzia. Per questo motivo alcuni studiosi hanno sottolineato come apra la strada ad una terza e nuova era della Nato, causata dall’erosione della supremazia militare e l’ascesa di nuovi concorrenti.

I principali compiti dell’Alleanza sono attualmente tre, come ribadito nel documento: il primo è la difesa collettiva (da minacce sia interne che esterne) e la deterrenza; il secondo riguarda la gestione delle crisi internazionali; il terzo obiettivo prevede la cooperazione con Stati non-Nato per garantire la sicurezza dell’Organizzazione. Questi tre compiti sono tuttavia messi in pericolo dal rapido cambiamento della situazione globale rispetto al 2010: i principali rischi descritti dallo Strategic Concept 2022 nel lungo periodo sono dati dall’ascesa della Cina, dall’accelerazione tecnologica e dal cambiamento climatico. Nel breve periodo, invece, la guerra provocata dalla Russia ed il Covid-19 rappresentano la minaccia più grande.

L’ascesa della Cina preoccupa non solo dal lato economico, ma anche da quello militare. Grazie agli effetti delle politiche interne e della globalizzazione, l’economia cinese ha raggiunto quella americana in circa 30 anni, favorendo anche lo sviluppo di poli altamente tecnologici in grado di competere con i colossi della Silicon Valley (si consideri ad esempio Alibaba e Huawei). Lo sviluppo economico ha gettato le basi per l’ammodernamento e l’espansione dell’apparato militare attraverso una maggiore spesa per la difesa, che nel corso dell’anno si stima raggiungerà i 229 miliardi di dollari.

Per quanto riguarda l’accelerazione tecnologica, il rapido progresso impone agli Stati (e alla Nato) di investire nella ricerca per non restare esclusi dalla competizione strategica. Infatti, la velocità con cui le innovazioni tecnologiche vengono prodotte e adottate, soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie, amplierà molto probabilmente il divario tra i Paesi in grado di innovare e gli altri. Inoltre, il cambiamento climatico impone all’Alleanza di fare la propria parte per evitare che gli effetti dell’innalzamento del livello del mare e del riscaldamento globale provochino rischi ingenti sia per la sicurezza della Nato che per le infrastrutture militari (senza contare i potenziali scontri internazionali legati alla mancanza di risorse naturali).

La guerra in Ucraina, al contrario, ha prodotto effetti immediati, che si ripercuoteranno anche nel futuro: basti pensare all’inflazione, alla possibile carenza di gas e di materie prime (compreso il grano), con conseguenze generali sulla sfera macroeconomica degli Stati europei e non solo, a cui si aggiungono gli effetti del periodo di emergenza sanitaria data dal Covid-19. 

La Nato del futuro

Come riportano alcuni studiosi la Nato sembra dover affrontare potenziali minacce che somiglieranno più a quelle presenti durante il periodo di costruzione dell’Alleanza (al termine della Seconda guerra mondiale) che non a quelle successive alla guerra fredda (dal 1991 al 2010). Soprattutto a seguito dell’invasione dell’Ucraina, sembra tornata in voga la teoria delle Grandi Potenze, mettendo a rischio la strategia ideata dalla Nato dopo il crollo dell’Urss, complice l’erosione dell’ordine liberale internazionale. 

Con lo Strategic Concept del 2022, come visto, la Nato entra in un paradigma del tutto nuovo, diverso da quello presente durante e dopo la guerra fredda. L’approccio scelto per rispondere ad eventuali minacce rientra nel 360-degree approach, ideato a seguito dell’invasione russa della Crimea nel 2014 e della presenza in medio oriente e nel Nord Africa dell’Isis ed altri gruppi terroristici. In sostanza, tale strategia prevede la possibilità di difendersi dalle diverse sfide (siano esse globali, di natura militare, economica o cyber) attraverso il “dominio terrestre,aereo, marittimo, cibernetico e spaziale”. Inoltre, con la compattezza mostrata durante la guerra in Ucraina e con la Cina come nuovo obiettivo, la Nato sembra ben lontana dal periodo in cui il presidente francese Macron la definiva “cerebralmente morta”.

Saverio Rotella
Attualmente sono uno studente di laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Perugia. In Orizzonti Politici mi occupo degli Stati europei, con particolare interesse per gli sviluppi di politica estera, geopolitica e sicurezza internazionale. Sono inoltre un accanito lettore e amo viaggiare e scrivere.

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