Sommario
I processi che portano allo sviluppo di soluzioni innovative da parte delle start-up in Italia sono inibiti dall’assenza di meccanismi che regolino il cosiddetto ‘technlogy exchange’. Da un lato, le realtà imprenditoriali si trovano davanti ad un contesto frammentato e scarsamente regolamentato nell’accedere agli asset capital intensive e ai professionisti specializzati presenti presso strutture esterne. Dall’altro, istituti di ricerca, università, e laboratori governativi non sfruttano appieno le loro risorse, restringendo al contempo la possibilità di trasferire le loro tecnologie e competenze sul mercato. Questa duplice inefficienza crea attriti significativi sul panorama innovativo nazionale, preclude la formulazione di politiche pubbliche compiute e diminuisce il potenziale dei bandi già esistenti.
Qual è il modo migliore per supportare sia la domanda che l’offerta di strumentazioni e competenze ad alto potenziale innovativo? Come facilitare l’interazione tra imprenditoria e ricerca? Partendo dall’analisi del complesso normativo esistente e di case studies internazionali, la nostra proposta di policy individua due ambiti di intervento.
- Creare una piattaforma sotto forma di bacheche tematiche dove gli enti possano rendere nota la loro offerta di asset tecnologici e personale qualificato, e dove le start-up possano candidarsi per usufruirne tramite una procedura standardizzata.
- Istituire il Technology Exchange Fund, un fondo pubblico che finanzi lo scambio di asset ad alta intensità tecnologica, in base a determinate condizioni. Il fondo potrà anche essere utilizzato per sovvenzionare i dottorati industriali delle start-up, permettendo a queste ultime di accedere ad una procedura altrimenti proibitiva.
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L’elaborato è a cura di Francesca Borciani, Linda Borsari, Nicola Carnevali, e Gabriele Romeo.