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Banche centrali e Covid: quali reazioni?

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In seguito ai provvedimenti di chiusura presi dagli Stati per contrastare la diffusione del Covid-19 negli ultimi mesi, l’economia globale si è fermata, con conseguenze catastrofiche.  In questo scenario le principali banche centrali del mondo hanno agito prontamente per cercare di attutire la peggior crisi economica dal secondo dopoguerra. A metà marzo avevamo analizzato le prime reazioni. Abbiamo quindi deciso di controllare come queste misure sono state implementate.

Banca centrale europea

Se qualcuno fosse andato da Christine Lagarde il giorno del suo insediamento e le avesse detto che sotto la sua presidenza la Banca centrale europea  avrebbe affrontato la più grande crisi economica dal dopoguerra, probabilmente all’ex ministro delle finanze francese ed ex direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi) sarebbe scappato da ridere. A distanza di 8 mesi, la neo governatrice sta gestendo una situazione drammatica. Le ultime stime della Bce parlano di un crollo del pil dei Paesi dell’Eurozona che oscilla tra il 6.5 % e il 13 % , nella speranza che non ci sia una seconda ondata epidemica nel prossimo autunno.  Le iniziative prese per combattere la crisi economica generata dal coronavirus sono state poderose e importanti, ma in corso d’opera potrebbero essere aumentate.

Nei primi giorni di marzo, a seguito di dichiarazioni che avevano scosso i mercati facendo impennare gli spread e causando un’enorme perdita nei principali listini di borsa europei, Lagarde si è riscattata. Dopo aver potenziato il Pspp, programma di acquisti di titoli di stato pre-pandemico fino a 120 miliardi entro fine anno, la Bce ha introdotto il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp). Il nuovo programma emergenziale di Quantitative easing, quantificato inizialmente per 750 miliardi, è molto più flessibile rispetto ad altri programmi. La scadenza minima dei titoli acquistabili dalla Bce scende da 1 anno a 70 giorni e gli acquisti non stanno rispettando il criterio di ripartizione della capital key. Inoltre, è stato sospeso il tetto del 33% come limite di acquisto per singola emissione e di debito nazionale. Le altre novità introdotte da Francoforte sono l’accettazione dei titoli “junk”, ovvero spazzatura, includendo così anche i titoli di stato greci e l’aumento degli acquisti dei “commercial papers”, titoli emessi dal settore non finanziario. Notevole quindi l’importanza del nuovo bazooka entrato in vigore il 26 marzo, dal quale l’Italia ne ha beneficiato per circa 37 miliardi.

Data l’enorme liquidità immessa nel mercato, con ritmi d’acquisto eccezionali, il rischio di esaurire i fondi prima della naturale scadenza era concreto. Proprio per questo motivo, nell’ultimo consiglio direttivo del 4 giugno, Francoforte ha aumentato di 600 miliardi la potenza del Pepp, portandolo così a 1.350 miliardi. Inoltre, la fine del piano emergenziale, prevista inizialmente per dicembre 2020, è stata posticipata a giugno del prossimo anno.

Per assicurare ampia liquidità alle banche, sono state estese  le operazioni di rifinanziamento fino a 3mila miliardi con le varie Tltro III e Peltro. L’obiettivo è quello di evitare la  crisi del sistema bancario che in passato ha messo in ginocchio l’economia mondiale. I tassi di interesse, compresi tra il -0,50% e lo 0,25% sono rimasti invariati.

Non è ancora chiaro se la Bce potrà acquistare sul mercato secondario i bond per il finanziamento del programma Next Generation Ue della Commissione. Tuttavia, il tetto del 50% nell’acquisto di titoli sovranazionali è stato sospeso proprio con l’introduzione del Pepp, quindi Francoforte potrebbe giocare un ruolo importante anche in questa fase. I recenti scontri con la Corte Costituzionale tedesca non hanno fermato l’attività di Christine Lagarde, che si dice pronta a fare tutto il possibile per sostenere l’euro ed evitare l’implosione dei debiti sovrani, destinati a salire in modo drastico.  

Federal Reserve

Quando si confrontano i provvedimenti delle varie banche centrali, è importante comprendere le differenze dei loro mandati e dei loro compiti. La Federal Reserve (Fed), a differenza della Bce, è garante del debito pubblico degli Stati Uniti. Inoltre, secondo lo statuto, il primo compito della politica monetaria negli Stati Uniti è il massimo impiego, cioè un tasso di disoccupazione al minimo possibile, seguito dalla stabilità dei prezzi e da tassi di interesse moderati nel lungo termine. Quindi la Fed, differentemente dalla Bce, intraprende le sue azioni con l’obiettivo primario di tutelare l’occupazione, mentre la stabilità del sistema finanziario e bancario è un obiettivo secondario.

La Fed è stata la banca centrale che ha preso più provvedimenti in assoluto per contrastare gli effetti della pandemia sull’economia. Nelle prime settimane di marzo ha tagliato due volte i tassi di interesse, portandoli dall’1,75% allo 0,25%. Non sono in programma ulteriori tagli, in quanto i tassi negativi sono considerati un vero e proprio tabù negli USA. Oltre alla politica convenzionale di gestione dei tassi di interesse, la Fed inizialmente aveva promesso di avviare un programma di Quantitative easing finalizzato all’acquisto di almeno 500 miliardi di titoli del Tesoro ed altri 200 miliardi di titoli garantiti da ipoteca. Data la gravità della situazione, la Fed ha poi deciso di acquistare titoli ad oltranza, senza limiti, comprese le obbligazioni della società private. La Fed si è anche impegnata a fornire liquidità in dollari alle altre banche centrali, però escludendo la Cina. 

La Fed ha in programma altre azioni di politica monetaria non convenzionale, in particolare il Main Street Lending Program. Si tratta di un programma di prestiti alle imprese di medie dimensioni (meno di 15.000 dipendenti e ricavi annui inferiori a 5 miliardi) per un importo complessivo di 600 miliardi di dollari. Le aziende riceveranno il prestito da una banca, che poi lo cederà al 95% alla Fed. Gli altri programmi riguardano l’ulteriore acquisto di titoli aziendali, sia di buona qualità che titoli “spazzatura”, l’acquisto di debiti delle municipalità e degli Stati in crisi a causa dell’emergenza e di titoli garantiti da assets. Considerate nel loro insieme, le azioni della Fed mobiliteranno migliaia di miliardi di dollari.

La Fed non ha escluso la possibilità di adottare nuovi programmi per il controllo della curva dei rendimenti. Questo strumento, già utilizzato da altri Paesi, può integrare le altre azioni di politica monetaria. Esso consente alle banche centrali di puntare su determinati tassi di interesse obiettivo a lungo termine, acquistando e vendendo obbligazioni di conseguenza. Sebbene abbia alcune caratteristiche in comune con il Quantitative easing, l’obiettivo del controllo della curva dei rendimenti è quello di manipolare in modo specifico i tassi a lungo termine stabilendo un target per i rendimenti obbligazionari. Il vantaggio di puntare su un rendimento, piuttosto che promettere di acquistare un determinato importo di titoli, è la maggiore flessibilità consentita alle autorità monetarie. 

Regno Unito

La Bank of England (BoE) ha tagliato due volte il tasso d’interesse (bank rate), portandolo dallo 0,75% allo 0,25% e poi allo 0,1%. La BoE offre finanziamenti a lungo termine alle banche a tassi d’interesse vicini allo 0,1% con l’obiettivo che queste riducano i tassi d’interesse applicati ad imprese e famiglie. Inoltre, sono state ridotte le riserve di capitale che le banche devono detenere a fronte dei prestiti concessi. Si stima che questa misura consenta di immettere sul mercato 190 miliardi di sterline di prestiti alle imprese. Per quanto riguarda le politiche non convenzionali, la BoE ha incrementato il programma di acquisti di titoli di 200 miliardi di sterline. Inoltre, l’acquisto di titoli di società private tramite il Covid corporate financing facility ha l’obiettivo di consentire alle grandi imprese di continuare a pagare dipendenti e fornitori.  

Giappone

La Bank of Japan (BoJ) non ha ridotto i tassi d’interesse, che si trovano già in territorio negativo. Con una deflazione già in corso, i tassi sono destinati a rimanere sugli attuali livelli. La BoJ, al contrario, ha adottato una serie di interventi di politica monetaria non convenzionale per stimolare l’economia. A metà maggio è stato annunciato un nuovo piano di finanziamenti alle piccole imprese per un valore totale di 30 trilioni di yen (circa 280 miliardi di dollari). Sommando questo nuovo programma ad un programma di prestiti precedente e all’asset purchase program, le misure implementate dalla Boj, in risposta alle conseguenze economiche della pandemia, ammontano a 75 trilioni di yen (circa 700 miliardi di dollari). 

Le altre banche centrali

La Bank of Canada ha tagliato due volte il tasso d’interesse principale, portandolo dall’1,75% allo 0,25%. Per fronteggiare la crisi da Coronavirus, il 2 aprile ha avviato un programma di acquisto di titoli dalla durata di un anno, il Commercial Paper Purchase Program, con l’obiettivo di supportare il flusso di credito verso l’economia. La Reserve Bank of Australia è stata l’unica banca centrale ad avviare un programma di controllo della curva dei rendimenti in risposta alla nuova crisi. Infatti, oltre ad aver portato il Key interest rate al minimo storico dello 0,25% con due tagli successivi, ha fissato allo 0,25% il target del rendimento dei titoli governativi a tre anni. La People’s Bank of China (PBoC) ha ridotto tutti i tassi d’interesse. Quello principale, con due tagli successivi, è passato dal 4,15% al 3,85%. I tre tagli dei coefficienti di riserva obbligatoria delle banche effettuati quest’anno hanno consentito di mobilitare 1.750 miliardi di yuan (circa 246 miliardi di dollari). Inoltre, la banca centrale ha immesso direttamente sul mercato 400 miliardi di yuan (circa 56 miliardi di dollari) attraverso delle linee di credito. La PBoC si è anche impegnata ad aumentare il credito e ridurre i costi dei finanziamenti, soprattutto alle piccole e medie imprese. Secondo gli analisti, la PBoC allevierà ulteriormente la politica monetaria, ma seguendo un approccio più graduale rispetto agli Stati Uniti visto che non ci sono segnali di un Quantitative easing imminente.

Testo a cura di Edoardo Casalino e Riccardo Romano Boiani

 

Redazione
Orizzonti Politici è un think tank di studenti e giovani professionisti che condividono la passione per la politica e l’economia. Il nostro desiderio è quello di trasmettere le conoscenze apprese sui banchi universitari e in ambito professionale, per contribuire al processo di costruzione dell’opinione pubblica e di policy-making nel nostro Paese.

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