Questa la definizione riportata dall’Oxford English Dictionary, noto dizionario di livello mondiale con sede in una delle più grandi città universitarie del mondo. L’insediamento di un nuovo Papa ha portato, negli ultimi anni, uno scompiglio non indifferente all’interno del mondo ecclesiastico. Da qui, l’esigenza di definire questa Chiesa come un Chiesa silente, mite. Una Chiesa, appunto, del silenzio.
Sono decisamente troppi gli scandali, oggigiorno, che minano la confessione cristiana in tutto il mondo: violenze, omicidi, obbrobri di cui il Vaticano, inconcepibilmente, non si è minimamente interessato. Di seguito solo alcuni di questi, sufficienti però a risvegliare, quantomeno, le coscienze dei fedeli cristiani e non solo: è fondamentale, in un contesto di questa portata, riuscire a porsi delle domande su episodi che, obiettivamente, devono far riflettere gli addetti ai lavori.
Ad inizio gennaio, in Kenya, 9 cristiani sono stati assassinati per essersi rifiutati di recitare lo Shahada, il credo islamico. L’International Christian Concern (ICC), in un rapporto esclusivo, ha riferito che l’attacco è avvenuto all’inizio del mese, quando nove fedeli che stavano viaggiando in autobus per Mandera, sono stati separati dagli altri passeggeri e uccisi nel nord-est del paese. Quando si sono rifiutati di recitare lo Shahada, sono stati “trascinati fuori dall’autobus e uccisi a distanza ravvicinata da islamisti di Al-Shabaab”. Altri due sono ancora dispersi. Episodio simile avvenne nel 2018, ai danni di Fredrick Ngui Ngonde e Joshua Ooko Obila.
Fatemeh Mohammadi detta Mary, una giovane donna iraniana ex musulmana di 21 anni, si è convertita al Cristianesimo in età adolescenziale; questa scelta, inevitabilmente, sta avendo ripercussioni anche sulla sua carriera accademica: la sua università, infatti, alla vigilia di un esame di inglese, non le ha concesso la tessera studentesca, senza la quale diventa impossibile partecipare alle lezioni e ancor meno tenere un esame. A 19 anni Mary aveva già scontato una pena di 6 mesi di carcere per la sua appartenenza a una comunità familiare (cristiana) a Teheran.
A Karachi, in Pakistan, una giovane cristiana di 14 anni, Huma Younus, è stata rapita, nel mese di Ottobre, e convertita con la forza all’Islam, per essere poi costretta a sposare il suo sequestratore. Ne dà l’annuncio l’avvocato di famiglia, Tabassum Yousaf, secondo cui “più rimane nelle mani dei rapitori, più continuerà a subire violenze sessuali e mentali”.
Amaq, fonte di notizie legata all’ISIS, il 18 gennaio ha pubblicato un filmato che mostra l’uccisione di un uomo in una campagna di Borno, nel nord-est della Nigeria, da parte di un bambino, mentre lo stesso rivolge un avvertimento ai cristiani: “Non ci fermeremo finché non ci vendichiamo per tutto il sangue che è stato versato”. SITE Intelligence Group, un’organizzazione che tiene traccia dell’attività dei gruppi estremisti, ritiene che il ragazzo provenga dall’organizzazione terroristica ISWAP (Islamic State West Africa Province), che è un gruppo scheggia di Boko Haram. Non è raro che i militanti dell’ISIS usino bambini, noti come “cuccioli del Califfato”, per condurre le loro esecuzioni.
A Lagos, in Nigeria, lo Stato islamico della provincia dell’Africa occidentale ha diffuso un video che rivendica la decapitazione di 11 cristiani, avvenuta nel giorno di Natale 2019. Il gruppo terrorista afferma che l’esecuzione è stata una “vendetta” per la morte del loro leader Abu Bakr al-Baghdadi, ucciso in un raid Usa in Siria lo scorso ottobre.
Sempre in Nigeria, una festa nuziale cristiana è stata distrutta da un gruppo terroristico islamico pochi giorni prima del matrimonio. La promessa sposa Martha Bulus è stata decapitata insieme ad ogni membro del suo gruppo dagli estremisti di Boko Haram il 26 dicembre, nel giorno di Santo Stefano. Queste le parole di un sacerdote del posto, Padre Francis: “sono stati decapitati da sospetti ribelli di Boko Haram a Gwoza durante il loro viaggio verso la loro casa di campagna”.
Il 20 gennaio, in Burkina Faso 14 fedeli protestanti sono stati uccisi da terroristi islamici. Il vescovo indigeno di Ouahigouya, Justin Kientega, ha reagito così: “L’Occidente deve fermare chi commette questi delitti, anziché vendere loro le armi. È in atto una persecuzione dei cristiani. Da mesi noi vescovi denunciamo quanto accade in Burkina Faso, ma nessuno ci ascolta. Evidentemente preferiscono tutelare i propri interessi.” Il fatto è accaduto nel governatorato di Fada N’Gourma, vicino al confine con il Niger.
E’ stato ucciso un pastore rapito dagli jihadisti in Nigeria all’inizio di gennaio. L’ha comunicato il presidente nigeriano in un comunicato. Il religioso, Lawan Andimi, leader locale della Christian Association of Nigeria, era stato sequestrato il 3 gennaio scorso dai miliziani di Boko Haram, un gruppo armato legato all’Isis, nello Stato di Adamawa, nel nordest della Nigeria. Il presidente Muhammadu Buhari ha definito l’omicidio “crudele, disumano e deliberatamente provocatorio” e ha avvertito i colpevoli che “pagheranno a caro prezzo le loro azioni”. Andimi è solo l’ultima vittima della sanguinosa campagna degli islamisti nigeriani contro i cristiani. Il mese scorso l’Isis aveva annunciato di aver ucciso 14 cristiani rapiti nello Stato di Borno, sempre nel nordest della Nigeria. L’Isis aveva, inoltre, diffuso un video del pastore prigioniero. Dopo l’assassinio del reverendo Andimi, Amnesty International ha riferito che Boko Haram ha attaccato il suo villaggio natale, nello stato di Borno, “mostrando ancora una volta un totale disprezzo per la vita umana”. Secondo Amnesty International “dallo scorso dicembre, Boko Haram ha lanciato un’escalation di attacchi contro i civili e le infrastrutture nel nordest”. L’ONG ha lanciato un appello alle autorità “a raddoppiare gli sforzi per salvare centinaia di civili prigionieri” dei jihadisti. Secondo stime dell’Onu, in dieci anni il conflitto armato in Nigeria contro i jihadisti di Boko Haram, che si è poi propagato a Niger, Ciad e Camerun, ha provocato oltre 36mila morti e due milioni di sfollati nella sola Nigeria.
Secondo l’annuale rapporto di Open Doors sulla persecuzione ai danni dei fedeli cristiani nel mondo, la World Watch List, sarebbero circa 260 milioni i cristiani perseguitati in 50 paesi del globo nell’intero 2019 (rispetto ai 245 milioni del 2018), ovvero 1 cristiano su 8. Di questi 260 milioni, 140 milioni (1 su 2,5) si trovano nella sola Asia. Su circa 100 paesi potenzialmente interessati dal fenomeno, monitorati dalla ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione alta, molto alta o estrema. I cristiani uccisi nel mondo sono 2.983 (circa 8 ogni giorno); vengono attaccate/chiuse 26 chiese al giorno; 10 cristiani vengono quotidianamente arrestati ed incarcerati senza subire alcun processo; 1052 sono stati i fedeli rapiti, ma soprattutto, 8537, quindi circa 23 ogni giorno, sono stati i cristiani violentati o abusati sessualmente nel 2019. Non solo: uno studio dell’Independent Inquiry on Child Sexual Abuse riporta che il 7% delle vittime di abusi sessuali nel mondo ha subito tali violenze da un’istituzione religiosa.
Notizie, numeri, dati ed informazioni che non devono trasformarsi in accusa nei confronti delle istituzioni di riferimento, ma in sostegno ad una serie di decisioni e riflessioni che devono essere considerate da chi, come Papa Francesco, è al vertice di una Chiesa che, oggi come non mai, deve necessariamente tenere d’occhio quanto globalmente avviene ai danni dei suoi fedeli: associazioni come Open Doors, IICSA, ICC, SITE Intelligence Group e CAN (tutte sopra citate) possono elargire un contributo di forte rilievo presso le istituzioni ecclesiastiche, a partire da quelle vaticane. I loro lavori di ricerca, studio, analisi, approfondimenti ed iniziative attorno al globo potrebbero inevitabilmente dare una svolta a queste interminabili persecuzioni ai danni dei cristiani, se solo questi istituti fossero adeguatamente presi in considerazione. D’altronde, come lo stesso Papa afferma, “per trovare i martiri non è necessario andare alle catacombe o al Colosseo: i martiri sono vivi adesso, in tanti Paesi. I cristiani sono perseguitati per la fede. In alcuni Paesi non possono portare la croce: sono puniti se lo fanno. Oggi, nel secolo XXI, la nostra Chiesa è una Chiesa dei martiri”.