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Perché alcuni Paesi sono più poveri di altri?

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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Questa settimana un evergreen della letteratura economica, con un saggio delle ‘star’ accademiche Acemoglu, Johnson & Robinson: ‘Institutions as a Fundamental Cause of Long-run Growth’ (2005), le istituzioni come causa fondamentale della crescita nel lungo termine. “Eh che questi tra qualche anno prendono il Nobel” è l’intercalare che segue ogni qual volta li si nomina, quasi come dire ”eh ma a Pasquetta piove”, “chi perde un amico perde un tesoro” e così via.

Prima che diventi una rubrica su come far colpo su studiosi del settore, bando alle frivolezze, e procediamo con la domanda di ricerca che gli autori si pongono: perché alcuni paesi sono più poveri di altri?

Segue la tesi: la spiegazione essenziale è che la differenza in prosperità di un paese è dovuta alla differenza nel tipo di istituzioni presenti al suo interno.  Ovvero, società con istituzioni economiche che facilitano l’accumulazione di capitale, l’innovazione e l’allocazione efficiente delle risorse, diventano relativamente più ricche.

Un tipo di istituzione economica di questo tipo è la protezione contro il rischio di espropriazione, o detto in altre parole, la presenza di diritti di proprietà solidi. Come dimostra questo primo grafico, in uno stato c’è una correlazione positiva tra la protezione contro l’espropriazione (sulle ascisse) e il PIL pro-capite (sulle ordinate). Tuttavia, trattandosi di una correlazione, sappiamo solamente che dove vi è un PIL più alto, in media, troveremo diritti di proprietà più solidi e viceversa, ma non sappiamo nulla sul rapporto di causalità. Viene prima la prosperità economica o i diritti di proprietà? C’è qualche altro fattore nascosto che fa variare entrambe le misure?

Per accertarsi della direzione della causalità, Acemoglu, Johnson & Robinson usano la tecnica empirica dell’esperimento naturale. In breve, quando si analizza un campione di popolazione per comprendere l’effetto di un ‘trattamento’, in questo caso l’effetto di istituzioni economiche inclusive sul PIL, si divide tale popolazione in due gruppi, uno che riceve il trattamento, l’altro che non lo riceve, fungendo da controllo. La difficoltà sta nel fatto che, per ottenere una risposta statisticamente significativa (cioè per affermare che non c’è nessun altro fattore che spiega l’incremento del PIL dato da istituzioni migliori), i due gruppi devono determinarsi a random, nessuna ‘unità’ può scegliere se ricevere o meno il trattamento. Idealmente, per provare la tesi del saggio, vorremmo avere a disposizione uno stato con un assetto istituzionale scarso, su metà del quale, dall’oggi al domani, si abbattesse una pioggia di istituzioni inclusive, lasciando sull’altra metà la situazione invariata.

Per ottenere questo scenario, gli accademici possono ricrearlo artificialmente, oppure sfruttare situazioni di vita reale o momenti storici, in cui ‘naturalmente’ esso si è presentato: gli esperimenti naturali.  Poter scegliere l’ultima opzione è eseenzialmente una botta di fortuna!

Nel caso del nostro saggio, gli autori hanno trovato il setting ideale appena accennato nella divisione della Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale in Corea del Sud e Corea del Nord. Prima del secondo conflitto globale la Corea si trovava sotto l’occupazione giapponese, e sia nel sud che nel nord si poteva osservare un’omogeneità dal punto di vista economico, culturale, linguistico ed etnico. Dopo la guerra, il nord fu occupato dalle forze sovietiche che imposero un modello socialista, con l’abolizione dei diritti di proprietà di terra e capitale; il sud invece fu supportato dalle autorità americane. Esse instaurarono meccanismi elettivi per forgiare una nuova classe politica che scrivesse una costituzione. Costituzione, che mantenne la proprietà privata, la competitività dei mercati e che, dunque, instaurò incentivi di crescita.  

Infatti, da questo secondo grafico, che presenta il PIL sulle ordinate e gli anni sulle ascisse, possiamo notare come, dopo la separazione, le due Coree abbiano tracciato trend di sviluppo economico divergenti, con la Corea del Sud, quella istituzionalmente privilegiata, che, negli anni seguenti, avrebbe attraversato un boom di prosperità. Abbiamo quindi la conferma che, istituzioni che mantengono la proprietà privata, favoriscono l’innovazione e l’accumulo di capitale hanno un notevole impatto positivo sul PIL di un paese.  

A questo punto Acemoglu, Johnson & Robinson osservano che, per spiegare perché alcuni paesi siano più poveri di altri, occorra chiedersi perché questi finiscono con istituzioni economiche relativamente peggiori dei paesi ricchi.

Costruiscono il modello presente in questa terza immagine. Partendo in alto a destra, viene tradotto in grafico quello che abbiamo scoperto: le istituzioni economiche influenzano la performance economica presente(t) e l’efficiente distribuzione di risorse in futuro (t+1).

Spostandoci verso sinistra, gli autori affermano che ciò che determina il tipo di istituzioni economiche, sono meccanismi interni alla società: chi possiede il potere politico decide il tipo di istituzioni economiche. Costatazione di buon senso che diventa più complessa se si aggiunge che, la distribuzione del potere politico tra i gruppi sociali si divide tra un tipo di potere politico ‘de jure’, proveniente dalle istituzioni politiche (ad esempio se è una monarchia, lo detiene il monarca, se è una democrazia i leader eletti) e un potere politico ‘de facto’, posseduto dalle masse che potenzialmente potrebbero cooperare e ribellarsi più o meno violentemente in base alle risorse disponibili.  

Ne deriva che se le istituzioni politiche mettono tutto il potere politico nelle mani di un piccolo gruppo (de jure), questi sceglieranno istituzioni economiche che più aggradano loro, verosimilmente istituzioni di sfruttamento delle classi subalterne, e non uguali diritti o diritti di proprietà a tutti. A ciò si aggiunge che la qualità delle istituzioni politiche permane nel tempo, perché viene a crearsi un circolo vizioso che, nel caso di istituzioni economiche di sfruttamento, impedisce cambiamenti verso l’uguaglianza di diritti.

L’unica strategia che permette la rottura del cerchio è l’arrivo di ‘shock’ esterni, come cambiamenti tecnologici o nel panorama internazionale. Questi modificano l’equilibrio del potere politico ‘de facto’ nella società, portando grandi cambiamenti nelle istituzioni politiche e quindi nella crescita economica.

ESEMPIO

Ad esempio, negli anni 70 in Cile, Salvador Allende fu eletto Presidente a suffragio universale. Le istituzioni politiche gli assegnarono il potere politico per proporre leggi ed emettere decreti. Tuttavia, nonostante fosse stato autorizzato dalla costituzione cilena, Allende fu rovesciato da un colpo di stato militare nel 1973. L’esercito cileno, sotto la guida del generale Pinochet, usò la forza bruta e le armi da fuoco, il potere politico de facto, per scardinare le istituzioni politiche. Ciò avvenne grazie ad uno shock: la crisi economica mondiale, che favorì l’azione collettiva dell’esercito e il sostegno internazionale degli USA, interessati a rovesciare un governo socialista. I militari dopo il colpo, sciolsero le istituzioni economiche preferite da Allende e implementarono il proprio set di istituzioni economiche, deregolamentando il regime commerciale e l’economia. In più nel 1980 Pinochet riscrisse la costituzione per consolidare nelle le sue istituzioni economiche e politiche in futuro.

CONCLUSIONI

Acemoglu, Johnson & Robinson provano che:

  • Le istituzioni economiche influenzano la crescita economica e la futura distribuzione delle risorse.
  • Gli individui hanno preferenze rispetto alle istituzioni economiche a causa dell’allocazione delle risorse che queste istituzioni inducono.
  • È la distribuzione del potere politico che determinerà le istituzioni economiche, quindi il tasso di crescita economica e l’allocazione delle fonti.
  • Il potere politico ha due forme: il potere politico de jure determinato dalle istituzioni politiche e il potere de facto che è determinato dalla distribuzione delle risorse nella società.
  • L’equilibrio del potere politico di oggi, determina istituzioni politiche di domani.
  • Uno shock che modifica l’equilibrio del potere politico de facto può portare a cambiamenti nelle istituzioni politiche.
  • Poiché shock nel potere politico de facto sono difficili da riprodurre, alla prima opportunità, i gruppi utilizzeranno il potere politico de facto per cambiare le istituzioni politiche, in modo da fissare le istituzioni economiche a loro favore.

 

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