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La Francia perde influenza in Africa

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La Francia non è più la potenza egemone in Africa. Il recente colpo di stato in Niger, l’ordine del Burkina Faso di sospendere le trasmissioni della radio francese RFI Radio e la stretta da parte del Mali circa le operazioni di ONG finanziate dalla Francia testimoniano la fragilità della posizione francese

La presenza francese in Africa ha radici profonde. Le prime esperienze di sfruttamento coloniale risalgono a metà del XVII secolo, ma è solamente a cavallo tra Ottocento e Novecento che la Francia inizia a comportarsi come una vera e propria potenza nella regione. L’insofferenza degli africani, considerati “soggetti” e non cittadini, verso i governi coloniali e l’emergere di movimenti di liberazione nazionale hanno spinto la Francia a ridimensionare il proprio ruolo nel continente portando alla decolonizzazione dell’Africa a partire dagli anni ‘60. 

I rapporti tra la Francia e le ex colonie non sono però cessati dopo le lotte per l’indipendenza. La necessità da parte francese delle risorse naturali presenti in abbondanza nei nuovi Paesi africani e il bisogno di questi ultimi di investimenti per sviluppare le proprie economie hanno creato un sistema di interdipendenza che spesso ha assunto contorni controversi e neocolonialisti

Si è quindi arrivati a parlare di Françafrique per descrivere le relazioni tra la Francia e l’Africa, in particolare i Paesi dell’Africa Occidentale, caratterizzate dall’ingerenza più o meno diretta delle autorità francesi nella politica internaQuesto sistema ha portato diversi problemi alla reputazione della Francia nei Paesi africani, portando ad un allontanamento di quest’ultimi.

Le cause dell’allontanamento dell’Africa dalla Francia

In un discorso tenuto a marzo 2023 il presidente francese Emmanuel Macron ha affermato che l’era della Françafrique è terminata. Questo discorso è da interpretare come un cambio di rotta per un nuovo approccio nelle relazioni con l’Africa, ma soprattutto come il riconoscimento della mutata situazione attuale. 

I fattori principali della fragilità dei rapporti sono da rintracciare innanzitutto nella turbolenta storia del colonialismo francese in Africa e nei suoi difficili strascichi storici. Un contributo negativo all’immagine della Francia è dato dall’accusa d’ipocrisia mossa dalla società africana nei suoi confronti. Agli occhi degli africani la Francia si fa promotrice della democrazia, mentre ha supportato senza particolari problemi Stati autoritari. Ciò stride con La Baule doctrine, l’approccio alle relazioni africane basato sull’abbandono del supporto ai regimi autoritari e sullo sviluppo delle democrazie, elaborato dal presidente francese François Mitterand nel 1990. Altre ragioni dell’attuale difficile rapporto tra Francia ed Africa sono rappresentate dai blocchi all’immigrazione controllata dall’Africa francofona, le controversie circa la governance del Franco CFA (la moneta di diversi paesi dell’Africa Occidentale) e in generale il sentimento dei cittadini africani di non essere partner alla pari in settori quali le risorse naturali e le telecomunicazioni, dove le multinazionali francesi hanno ancora un ruolo egemone.  

Che cosa implica questa perdita d’influenza per la Francia?

Dal punto di vista economico la relazione con l’Africa è ancora importante per la Francia. Diversi conglomerati francesi sono molto attivi nel continente, come Bolloré, attivo nel settore della logistica e delle costruzioni, TotalEnergies, la principale compagnia petrolchimica francese, e Orange, operante nel settore delle telecomunicazioni.

Inoltre, sono innumerevoli le compagnie francesi che importano materie prime dagli Stati africani, a partire dall’uranio proveniente dal Niger e dal Gabon fondamentale per il funzionamento e il mantenimento delle centrali nucleari e dell’arsenale atomico, al cacao della Costa d’Avorio per l’industria alimentare. Un ruolo economicamente ridimensionato può mettere a rischio l’approvvigionamento di queste materie prime essenziali per l’industria francese.

Gli interessi politici francesi riguardano non solo la necessità di avere Paesi amici con cui collaborare economicamente, ma anche un più ampio processo di rafforzamento della democrazia per una maggiore stabilità politica in Africa. L’approccio basato sulla soft power e sulla diplomazia pubblica (coinvolgendo figure di spicco della società civile africana) non ha raggiunto i risultati sperati, mettendo a rischio l’interesse francese per un’Africa amica e democratica. 

Ne è un esempio la rivolta avvenuta nel 2021 in Senegal contro il presidente Macky Sall, accusato anche di aver favoreggiato gli interessi politico-economici francesi a discapito delle imprese locali. La rivolta ha avuto il suo apice nella distruzione dei supermercati della catena Auchan e delle stazioni di servizio della TotalEnergies. 

Francia, Africa
Esercito francese a contatto con la popolazione nel sud del Mali. [crediti foto: TM1972; via Wikimedia commons, CC BY-SA 4.0]
Anche militarmente la Francia vede i suoi interessi a rischio. Nel 2013 l’allora presidente francese François Hollande in ottica antiterrorismo inaugura l’Operation Serval, inviando una forza di spedizione in Mali. Nel 2014 viene lanciata una nuova operazione, l’Operation Barkhane, ampliando l’area operativa all’intero Sahel. Nel novembre del 2022, la Francia ha annunciato il termine definitivo dell’Operation Barkhane, dopo aver ritirato in agosto le proprie truppe dal Mali a causa dei difficili rapporti tra i due Stati, in seguito al colpo di stato che nel 2021 ha portato al potere una giunta militare dai tratti antifrancesi. I successi delle due operazioni verranno probabilmente annullati dal ritorno dei gruppi armati nelle zone prima sotto controllo militare congiunto franco-africano

Il ritiro francese dal Mali e il termine delle operazioni di terra sono sintomo del fallimento, almeno parziale, della politica francese in Africa per garantire stabilità tramite azioni militari e politiche di nation-building

Chi sta sostituendo la Francia nel ruolo di potenza africana?

Gli avversari principali della Francia in Africa sono la Russia e la Cina, le quali adottano strategie differenti per incrementare il proprio peso nel continente.

La Russia opera fornendo delle garanzie di sicurezza a quegli Stati minacciati da disordini interni o dal terrorismo. Il braccio armato della diplomazia di Mosca in Africa è rappresentato dai mercenari del gruppo Wagner, la compagnia militare privata dell’oligarca Yevgeny Prigozhin, ammutinatasi a giugno a causa del presunto trattamento di secondo piano riservatogli nella guerra contro l’Ucraina. Lo scopo principale della Wagner è quello di riportare la stabilità nei Paesi da cui vengono ingaggiati, anche usando metodi brutali, e soprattutto di proteggere gli interessi minerari tramite cui si finanzia. Questo modus operandi che permette ai leader africani di salvaguardare il proprio potere senza aperture di riforma democratica è preferito agli interventi occidentali. Attualmente il gruppo Wagner è attivo in Mali (dove è subentrato alla Francia), Burkina Faso, Sudan e Repubblica Centrafricana. 

La Cina opta per una strategia diversa, basata sulla cooperazione economica. Ai Paesi africani vengono offerti prestiti per progetti infrastrutturali, promettendo di non intromettersi negli affari interni di chi vorrà accettarli, contrariamente aii paesi Occidentali, dipinti come politicamente moralizzanti e arroganti.

Francia, Africa
Presidente Cyril Ramaphosa e Presidente Xi Jinping co-chairing Forum sulla cooperazione sino-Africana. [crediti foto: GovernmentZA, via Flickr, CC BY-ND 2.0]
Attualmente la Cina ha investito oltre 155 miliardi di dollari in Africa, dove opera oltre un terzo di tutti i cantieri infrastrutturali. Anche l’approccio cinese però non è senza criticità. Innanzitutto, la Cina impiega materiali, compagnie e talvolta anche forza lavoro cinesi e non locali per i progetti che finanzia. In secondo luogo, prestando ingenti somme di denaro a Paesi non in grado di ripagare, si viene a creare quella che è stata definita una “trappola del debito”. Con ciò si intende come la Cina porti un Paese ad indebitarsi e quando la situazione finanziaria diventa insostenibile accetti di estinguere parte del debito o l’intera somma a fronte di concessioni esclusive per lo sfruttamento delle stesse infrastrutture che ha aiutato a costruire o di altre concessioni quali quelle minerarie. 

Una nuova partnership tra Francia e Africa

La Francia sta ripensando la propria politica africana per evitare di vedersi scalzare se non il ruolo di potenza economicamente egemone (per cui la Cina sembra essere il sostituto più probabile) almeno quello di Paese in grado di proiettare i propri interessi sul continente. Secondo la nuova strategia pensata dall’Eliseo le compagnie francesi devono competere maggiormente con gli altri partner internazionali dell’Africa, abbandonando il “paternalismo economico” di cui vengono accusati, in favore di partnership costruttive alla pari con gli attori economici locali. 

Inoltre, la Francia punta a rinnovare il proprio supporto alla democrazia nel continente, con una linea più dura nei confronti degli autocrati africani, e riducendo il suo ruolo militare, con una maggiore africanizzazione ed internazionalizzazione dei contingenti sul campo, liberandosi così dalla nomea di Paese che interferisce eccessivamente nella sicurezza africana. 

Altri campi di collaborazione tra Francia e Paesi africani sono la lotta alla pirateria marittima, all’estrazione illegale di metalli preziosi e il contrasto ai crimini ambientali. Inoltre, Macron ha annunciato l’inizio di cooperazioni culturali, aprendo la porta ad un processo di riconciliazione attraverso la restituzione di reperti archeologici africani dai musei e dagli archivi francesi. 

In futuro la Francia dovrebbe rivedere alcune dinamiche sia interne sia esterne. Attualmente, infatti, l’Eliseo ha il monopolio sulla definizione delle strategie da adottare, lasciando in secondo piano il Ministero degli Esteri, quello della Difesa e l’Agenzia Francese per lo Sviluppo. Un accentramento eccessivo non aiuta a coordinare efficacemente gli sforzi diplomatici francesi. Dal punto di vista di relazioni esterne, è necessario che i francesi rivedano le proprie politiche in Africa in un’ottica più europea, non più solamente come una possibilità per esercitare, in solitario, la propria influenza, e che sfruttano le criticità già citate delle strategie di Russia e Cina per far riavvicinare l’Africa alla francia e all’Europa.

Se la Francia saprà organizzare meglio la propria politica estera, sviluppare un nuovo tipo di collaborazione e riconoscere il fondamentale contributo dell’Africa all’economia e alla cultura del Paese, allora si potrà aprire un nuovo capitolo di cooperazione.

*Visita del presidente francese, Emmanuel Macron, a Cotonou in Benin [Crediti foto: Présidence de la République du Bénin; via Flickr, CC BY-NC-ND 2.0]

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Lorenzo Pellegrini
Studente di Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Milano. Mi occupo prettamente di Sicurezza Internazionale in tutte le sue sfaccettature.

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