Nel 1921, con la Anglo-Irish Treaty, l’Irlanda si divise, diventando quella che conosciamo noi oggi. Perché? L’Irlanda voleva l’indipendenza dalla Gran Bretagna e questo fu il primo passo verso essa. Infatti, il trattato dichiarava l’Irlanda come Free State. Tale terminologia può trarre in inganno, perché “stato libero” non voleva dire indipendente, semplicemente alcuni poteri venivano affidati a un parlamento irlandese, ma quelli più importanti come quello economico rimanevano in mano alla Corona inglese. Un punto importante della treaty constatava che se era sua volontà, l’Irlanda del Nord (creatasi nel 1920 con il Government of Ireland Act) poteva optare per uscire dallo Stato libero dell’Irlanda. L’Irlanda del Nord fece proprio così, creando l’isola divisa di oggi.
Come mai esistevano, all’interno di un paese così piccolo, due società talmente diverse da non voler restare unite? Si possono trovare 3 ragioni: le diverse origini, la differenza in ricchezza e infine la religione. Infatti, gli abitanti del Nord erano per la maggior parte di origine Britannica, la quale nel sedicesimo e diciassettesimo secolo aveva invaso l’Irlanda affidando molti territori conquistati a cittadini inglesi. Questo avvenne soprattutto nella regione dell’Ulster, nel nord, ed essendo proprietari terrieri, gli inglesi erano sicuramente più ricchi degli irlandesi e portarono anche un maggiore sviluppo industriale nella parte nord dell’isola. La paura di dover lasciare l’Inghilterra e i benefici economici che essa gli concedeva, spinse gli abitanti del nord a dividersi dal resto dell’Irlanda. Così l’Irlanda del sud povera e sottosviluppata si ritrovò senza la sua principale fonte di denaro.
Detto questo, arriviamo forse alla differenza principale tra le due parti di popolazione: gli irlandesi del nord erano Protestanti, mentre quelli del sud Cattolici. È la più importante non tanto per quello che vuol dire, quanto perché è il principale elemento di distinzione e di discriminazione fra le due società: una battaglia fra cattolici e protestanti.
I “problemi” (troubles in inglese), così vengono chiamati gli scontri tra Cattolici e Protestanti in Irlanda del Nord, iniziarono dopo che l’Irlanda divenne una Repubblica indipendente nel 1949. Infatti dopo anni di relativo silenzio, i cattolici in Irlanda del Nord si resero conto di varie discriminazioni nei loro confronti. La più grande forma di discriminazione stava nel sistema di voto. Infatti esso era tale da permettere ai Loyalists, ovvero ai protestanti fedeli alla corona, di vincere sempre le elezioni. I distretti erano disegnati in modo tale che i cattolici fossero sempre in minoranza in essi, e non in grado di eleggere chi di loro piacimento. Un’altra forma di discriminazione avveniva nel processo di allocazione di alloggi popolari e nell’occupazione in vari settori. È interessante notare che essendo sempre stati più poveri, i cattolici in Irlanda del Nord erano anche meno istruiti rispetto ai protestanti e probabilmente ignari del razzismo che vigeva nei loro confronti. Tuttavia, con l’introduzione del Welfare State da parte dell’Inghilterra, anche giovani cattolici ebbero l’opportunità di studiare. Questa fu una delle principali ragioni delle rivolte dei nationalists (altro nome per chiamare i Cattolici) che riuscendo ad entrare più a fondo nella comunità dell’Irlanda del Nord, si resero conto anche dei torti che subivano tutti i giorni.
Avendo ora capito la grande divisione sociale e culturale che era presente in questo paese, possiamo saltare la narrativa di tutti i conflitti che interessarono questa zona dagli anni settanta alla fine degli anni 90, per arrivare al 1998 quando tramite il Good Friday Agreement, viene normalmente riconosciuta la fine dei troubles. È necessario tuttavia far notare come il resto del mondo fosse incredulo di fronte alle atrocità avvenute in un paese evoluto come quello dell’Irlanda del Nord. Non stiamo parlando di Africa o di altri paesi del terzo mondo, ma di un paese al passo coi tempi, dove però quasi inspiegabilmente un senso di odio venne trasmesso fra generazioni.
Possiamo dire che anni di pace sono seguiti al 1998, ma cosa potrebbe accadere con Brexit? Il processo di pace in Irlanda del Nord è uno dei temi più discussi nelle trattative Brexit, perché parte di questo accordo includeva il fatto che l’Irlanda del Nord avrebbe sempre fatto parte dell’Inghilterra, ma che non sarebbe stato più rilevante in quanto il confine sarebbe stato “aperto” con un movimento libero di persone. Come dice Michel Barnier, l’European Chief Negotiator nelle trattative Brexit, se l’Inghilterra uscisse dall’Unione Europea e dal mercato singolo, un confine controllato sarebbe inevitabile. Questo sicuramente avrebbe delle implicazioni economiche, ma potrebbe anche creare nuove tensioni politiche e sociali? Studiosi si dividono su questo tema, con opinioni contrastanti sulla consolidazione del processo di pace o meno, ma non escludono nessuno dei due casi.
La domanda che sorge spontanea è se veramente siamo disposti a correre questo rischio, se ne vale la pena. La risposta più scontata sarebbe dire di no. In effetti ritrovare una società come quella passata sembra il peggiore degli incubi sia per la Repubblica d’Irlanda, che per l’Irlanda del Nord, che per il mondo intero. Tuttavia un’utopia provocante potrebbe essere quella di un’Irlanda unita. Perché? Certamente la Repubblica non è più quel paese sotto-sviluppato e povero di un tempo, anzi, è un paradiso fiscale e un’unione permetterebbe all’Irlanda del Nord di rimanere in Europa. Non si parla di sicuro a breve termine, ma dato che se ne parla da molto tempo, Brexit potrebbe facilitare questo processo.
Di conseguenza Brexit è davvero un muro che va scalato nel modo corretto. Ci sono tre possibilità: aumento di tensioni politiche e sociali, situazione invariata e spinta verso un’Irlanda unita. Aspettiamo di vedere come questi trattati si concluderanno, perché solo a quel punto si saprà come è stato aggirato quel muro.