Se è vero che “Non è tutta noia ciò che pensa” oggi proviamo a pensare insieme al giovane filosofo. Parleremo di divulgazione filosofica online e della natura del dibattito pubblico e accademico. Buona lettura!
Qual è il ruolo di un filosofo oggi?
Il ruolo del filosofo è lo stesso di Socrate. Il filosofo riflette intorno a delle problematiche che ci sono dalla notte dei tempi e che coinvolgono la vita di tutti. Il fine è quello di svegliare una consapevolezza nell’animo delle persone. Il filosofo deve raggiungere delle agorà e dialogare con le persone, cercando di portare una presunta consapevolezza anche agli altri.
Quali strumenti può fornirci la filosofia?
Più che quali strumenti può fornirci la filosofia mi concentrerei su quali strumenti la filosofia può utilizzare, ossia il linguaggio. La parola è il luogo dove la filosofia cerca di sviluppare il proprio discorso. La filosofia deve cercare di produrre un nuovo tipo di linguaggio per scardinare alcuni pregiudizi. I pregiudizi devono essere superati perché ci impediscono di agire per il meglio nelle nostre vite.
Che rapporto intercorre tra filosofia e social network?
Il social network è una nuova agorà. Non differisce in nulla dalle piazze di Socrate. Sono luoghi di ritrovo in cui le persone cercano di combattere la propria naturale ed inevitabile solitudine. Non c’è differenza tra l’agorà virtuale e reale.
Il punto è mettere in discussione il linguaggio che si usa. Un conto è fare filosofia a tu per tu, un altro è farla all’interno di un contesto virtuale. Il lavoro di un filosofo oggi è quello di mettere in discussione anche il modo con cui si è divulgato in passato, agendo lì dove le persone si radunano. I social network sono dei luoghi dove è possibile creare masse critiche di pensiero.
Questo mezzo presenta delle controindicazioni?
Il grande rischio è quello di semplificare troppo il linguaggio. Nella filosofia produzione di pensiero e divulgazione non sono distanti. Per esempio, un chimico può tranquillamente fare le proprie ricerche nell’ambito della chimica senza dover essere un divulgatore. Un filosofo deve mettere le sue scoperte in una forma verbale che sia a disposizione di molti altri, spesso non specialisti.
Il rischio principale è quello di creare un linguaggio appiattito troppo sulla massa. Il filosofo deve trovare un equilibrio tra quello che è il proprio linguaggio, che è complicato e richiede fatica, e la comprensibilità nell’agorà. Il vero pericolo per un filosofo nell’agorà digitale è quello di allontanare le persone dalla riflessione e cercare solo il consenso.
Esiste un problema di polarizzazione nel dibattito pubblico?
Assolutamente sì. La natura degli eventi che stiamo vivendo è complessa e internet è un luogo ancora acerbo. Questo ci costringe a semplificare, creando riflessioni che creino soltanto polarizzazioni. Viviamo in un momento storico in cui si cerca l’iper-reazione.
La filosofia oggi ci può aiutare a prendere le distanze dalle nostre iper-reazioni. Siamo sottoposti, soprattutto a causa di internet, ad una continua iper-reattività. La conseguenza di tutto ciò è la polarizzazione.
La polarizzazione si sta aggravando?
Sicuramente. Processi che avrebbero impiegato diversi mesi si sono verificati in pochissimi giorni. Questo è dato dalla risposta dei media e della massa a certi stimoli, spesso negativi.
I media tendono a dare molto spazio a personaggi che fanno iper-reagire. Questi individui non vogliono creare dibattito, ma giocarsi il proprio momento di gloria. Tutto questo causa danni molto gravi. Ognuno di noi deve fare del proprio meglio per diventare parte della soluzione, e non del problema.
Quali sono gli strumenti che ognuno di noi può utilizzare per combattere l’iper-reazione?
Questa è una domanda complessa. In questo caso non si parte dagli strumenti, ma da una consapevolezza. Bisogna partire dall’accorgersi. Ognuno di noi deve accorgersi di come si agisce sul web. C’è una massima stoica a cui sono molto legato… “Bisognerebbe far sì che ognuno avesse accortezza nel modo con cui conduce la propria quotidianità”. Questa massima vale non solo sul web, ma anche nella vita fuori dalla rete.
Ognuno di noi deve dedicare del tempo ad analizzare come si è comportato. La polarizzazione e l’iper-reazione sono semplicemente la conseguenza del fatto che tante persone non si chiedono cosa stanno facendo. Prima dell’accorgersi nessuno strumento può essere efficace. Una volta sviluppato un atteggiamo più attento gli strumenti sono moltissimi.
Questo atteggiamento può essere sviluppato con la lettura. Un altro metodo efficace è entrare in contatto con le storie degli altri, il cinema e la cultura pop ci aiutano molto in questo. Senza questa presa di coscienza tutto diventa futile.
La Filosofia sta perdendo la propria autorevolezza?
La filosofia è da sempre un discorso umano che viene tacciato di questa accusa. L’avanzamento delle scienze ci porta a pensare che la fisica abbia sostituito la filosofia, che l’etica debba essere soltanto retaggio di scienziati e tecnici. Sono visioni sbagliate, che non sono ancorate alla realtà.
Chi si occupa di filosofia dovrebbe basarsi molto di più sulla competenza e meno sul consenso. Perché sono questi comportamenti che portano a sostituire l’autorevolezza con l’autorità. Oggi la filosofia è in crisi perché molti filosofi hanno basato la propria immagine sull’autorità invece che sull’autorevolezza. Questo porta a fenomeni ambigui nella filosofia, come l’esistenza di personaggi totalmente incriticabili.
Può fare un esempio?
In un’università anglosassone i professori spingono a muovere critiche agli autori. Muovere una critica a Cartesio è qualcosa di complesso. In Italia non viene concesso lo spazio per farlo… e questo non vale solo per una critica nei confronti di un gigante come Cartesio. Troppo spesso queste critiche non si possono muovere neanche ai professori universitari.
C’è un principio di autorità molto forte, collegato alla lesa maestà, che porta la filosofia di oggi ad essere la caricatura di ciò che è sempre stata. Il pensiero critico si ritira per fare spazio all’autorità, un fenomeno triste e grave.
Quali potrebbero essere le cause di questo fenomeno?
Le cause sono molteplici. Quella preponderante è una grande paura di perdere quell’autorità. Il conservatorismo culturale mostra ogni novità come minacciosa e qualsiasi voce discordante come un pericolo. La paura di perdere dei privilegi è un problema sin dalla notte dei tempi, e non riguarda solo la filosofia.
Anche le scienze in alcuni campi stanno vivendo questo problema. Ad esempio, se uno scienziato dedica tutta la sua vita a una ricerca e poi arriva la confutazione, potrebbe aggrapparsi screditando il nuovo elemento della realtà. Questo avviene perché è difficile rimettere tutto in discussione. Il ruolo della filosofia è proprio questo, rimettere tutto in discussione. Quando si smette di farlo sia come individui che come comunità allora la filosofia non c’è più.
Rimane soltanto la politica e il consenso. Questo è il problema. Non ho continuato a lavorare in ambito accademico perché i meccanismi sono questi e io non li condivido.
Anche il mondo scientifico sta attraversando un momento simile?
In realtà no. Differentemente dalla filosofia oggi è difficile parlare del mondo scientifico come un unico grande calderone. Il mondo scientifico significa tante cose, alcune sono nuove, feconde e rivoluzionare mentre altre conservatrici. Oggi purtroppo non c’è questa divisione, si dovrebbe tornare ad averla.
Se guardiamo attentamente, i campi che progrediscono in filosofia sono quelli legati all’intelligenza artificiale. Questo però non significa che il filosofo sia diventato un tecnico.
Il mondo scientifico non sta vivendo la crisi della filosofia. Il motivo per cui viviamo in un mondo in cui il consumismo è preponderante è anche conseguenza del fatto che la scienza stia facendo il suo lavoro. Al contrario la filosofia troppo spesso non lo fa.
Alcuni campi del mondo scientifico in alcune occasioni sono stati messi all’angolo, non c’è una similitudine con la crisi della filosofia?
Si certo, ma viene messo all’angolo dalla ricerca di consenso politico. È un problema esterno al mondo scientifico. Il problema della filosofia, al contrario, è interno e riguarda gli stessi filosofi. È come se il bisogno di consenso politico si sia insinuato all’interno del mondo filosofico. Questo è vero anche per alcuni campi del mondo scientifico, ma non per la sua totalità.
La scienza rischia di essere messa all’angolo, ma è una criticità che non viene dagli scienziati. Questa pressione viene dall’esterno del mondo scientifico. Per la filosofia è diverso perché soffre di una crisi che ha generato al suo interno.
Nelle sue produzioni ha citato spesso “Enlightenment Now”. In questo libro Pinker auspica un ritorno ai valori dell’Illuminismo. Pensa che sia possibile una riscoperta di questi ideali nel mondo di oggi?
Sicuramente! Viviamo in un momento che ha posto le basi per questa riscoperta. La responsabilità di far vivere questi ideali è nostra. L’umanità è sempre pronta. Non è un caso che di volta in volta diverse comunità in diverse epoche abbiano riscoperto questi valori. Fanno parte della nostra esistenza, del nostro modo di pensare e di vivere. Il terreno fertile c’è… il problema è trovare persone disposte a portare avanti questi valori.
La domanda che dobbiamo porci è la seguente… quanto vogliamo investire in questa visione del mondo?
Questi valori possono essere condivisi anche da chi è poco istruito?
Si, perché i valori non si insegnano. La domanda è la seguente… riusciamo a far sì che la maggior parte delle persone faccia delle esperienze di vita che amplino il loro orizzonte? I valori di Pinker sono dei valori in potenza, il problema è che servono delle esperienze per scatenarli. Le persone devono poter fare esperienze e questo progetto va portato avanti con energia.
Quindi la questione è pratica?
Certo! La questione è pratica! Bisogna creare le occasioni che dimostrino con l’esperienza l’importanza di questi valori. I valori già ci sono, ma serve l’esperienza per svilupparli e farli nostri.
Tralasciando l’aspetto valoriale, come può una persona non educata modificare la propria visione del mondo?
Facendo delle esperienze… ti faccio un mio esempio personale. Sono sempre stato un ragazzo molto aperto alla diversità, tuttavia prima dell’università ho vissuto in un paesino molto piccolo.
Quando sono andato a studiare all’università di Padova mi sono trovato in situazioni che non avevo mai vissuto. Ero in un condomino con molti immigrati, compresi i miei dirimpettai. Io pur essendo una persona tollerante provavo disagio nei loro confronti. Non ero abituato a molte cose, il semplice fatto di non capire la lingua mi creava fastidio. Avevo sviluppato una sorta di intolleranza nei loro confronti.
Una sera è capitato di essere rimasto chiuso fuori dall’appartamento. La famiglia ha dunque deciso di ospitarmi a cena, ed io ho accettato, anche se con un po’ di reticenza. Ho passato una serata bellissima ed ho imparato tantissime cose. È stata necessaria quell’esperienza per diventare amici.
Anche le persone intellettualmente educate hanno bisogno di un’esperienza?
È imprescindibile! Io pur essendo una persona intellettualmente educata alla diversità senza quell’evento avrei mantenuto quella intolleranza. Bisogna incontrare l’altro, e questi eventi non possono essere dettati da colpi di fortuna. Ci deve essere la possibilità di far incontrare ai bambini delle scuole realtà diverse. Solo incontrando l’altro riesci a fare il “salto di qualità”.
Questo elemento porta a tutti i problemi discussi da Hans Rosling e Steven Pinker. Bisogna incontrare e far incontrare il mondo, perché è costruito sulla diversità.