Articolo pubblicato su Business Insider Italia
L’11 febbraio è stato scelto dalle Nazioni Unite per celebrare la Giornata internazionale delle donne nel campo della scienza. La parità di genere nell’educazione di primo e secondo livello è stata raggiunta: la popolazione femminile in Europa è addirittura più incline a intraprendere gli studi universitari. Eppure, il problema si trova nelle scelte e nella rappresentazione di genere nei determinati percorsi di studio, ossia in quelli delle materie STEM, acronimo inglese che indica scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. È necessario affrontare il problema poiché rappresenta un tassello importante all’interno del “gender gap”, ovvero della disparità di genere, che ha conseguenze importanti sul futuro delle donne e della società.
Le materie STEM e il gender gap, un problema sempre più evidente
La rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando richiede persone istruite adeguatamente e necessariamente specializzate. Le conoscenze tecnico-scientifiche richieste dall’industria 4.0 caratterizzano i percorsi di studi STEM, come le materie scientifiche, tecnologiche e corsi di ingegneria e matematica. Purtroppo, però, la popolazione femminile si sta trovando in parte esclusa da questo cambiamento epocale. I numeri parlano chiaro: nel mondo, meno di 4 laureati su 10 nelle materie STEM sono donne. Per questo motivo, anche in questo ambito si parla di un vero e proprio “gender gap”, sia di istruzione che lavorativo, di conseguenza.
Donne STEM in Italia, quante sono?
Nel grafico, si può osservare la disparità rilevata da AlmaLaurea per quanto riguarda l’anno accademico 2018/2019 nei corsi di laurea scientifici e di ingegneria. In generale, anche se ci sono più donne iscritte all’università che uomini (il 58,7% degli iscritti complessivamente), queste scelgono soprattutto corsi di studio letterari e umanistici. Solo il 18% delle ragazze sceglie corsi STEM. Il trend italiano è in linea con la media europea e mondiale. Inoltre, sebbene le poche donne iscritte a corsi STEM si laureino in media con voti più alti (103,7 contro il 101,9 degli uomini) e in corso, non ottengono comunque gli stessi risultati nel mondo del lavoro.
Secondo un report sul tema redatto dall’Osservatorio Talents Venture e da Assolombarda infatti, il tasso di occupazione ad un anno dalla laurea degli uomini laureati STEM è più elevato di quello femminile – il 91,8% contro l’89%. Secondo AlmaLaurea, questo gap si allarga a cinque anni dal conseguimento del titolo: le donne occupate sono l’84% contro il 91% degli uomini. Questo divario si riflette anche nelle retribuzioni. Le donne laureate in queste materie ricevono circa 300 euro mensili in meno della controparte maschile, sempre cinque anni dopo la laurea.
Perché le ragazze non scelgono percorsi STEM?
Le cause per cui le donne che scelgono percorsi STEM sono una minoranza sono molte e spaziano da fattori individuali a elementi sociali e di background familiare. Tra i fattori individuali ci sono la minor motivazione personale e autostima, specialmente in materie come la matematica. Le motivazioni biologiche, per cui le donne sarebbero naturalmente meno capaci in queste materie, sembrano invece essere superate.
Per quanto riguarda gli aspetti sociali e familiari, primo fra tutti c’è il pregiudizio e stereotipo per cui le donne e le materie scientifiche non siano compatibili. Questa percezione sociale crea una sorta di barriera psicologica per le donne, che fin da bambine sono portate a sentirsi inferiori ai maschi in questi ambiti. Sensazione a cui talvolta contribuiscono persino gli stereotipi di genere degli insegnanti. La mancanza di modelli nell’immaginario collettivo gioca anche la sua parte. In generale, sembra che questi cofattori sociali siano comunque più determinanti di quelli individuali.
In ultimo luogo, le donne sono svantaggiate anche sul luogo del lavoro. OItre a salari mediamente più bassi, a parità di livello di istruzione, prevale ancora l’idea che la popolazione femminile debba occuparsi dei lavori di casa e del mantenimento dei figli. Questa situazione riduce il loro potere contrattuale sul mercato del lavoro, anche per promozioni interne ed esterne. Nelle carriere accademiche – ed anche STEM – la maternità porta a interruzioni lavorative che ostacolano un’ascesa della carriera lavorativa paragonabile a quella degli uomini.
Che la discriminazione sia consapevole o inconsapevole (ad esempio tramite bias cognitivi sul genere), il risultato è che le donne vengono penalizzate sia nel mondo accademico STEM, che in quello lavorativo, come dimostrano i dati sopra riportati. Quindi, è un misto di barriere sociali, psicologiche ed economiche a tenere lontane le donne dalla scienza.
Le materie del domani: disparità oggi significa disparità nel futuro
Ad oggi, un evidente problema riguarda il divario di retribuzione che esiste tra donne e uomini. I campi STEM rappresentano i lavori del futuro e quelli che garantiranno maggiori possibilità di carriera e di ritorno economico. Ad oggi, il “gender wage gap” – il divario retributivo tra donne e uomini – si attesta intorno al 16% in Europa. Il rischio è quello di non riuscire a sanare questo distacco, senza incentivare la parità di genere nell’ambito STEM.
La disparità di genere si riflette anche nella ricerca e nelle università: le donne ricercatrici nel mondo rappresentano solamente il 30%. In Europa, come si può vedere nel grafico sottostante, le scienziate sono sistematicamente meno degli uomini. Specialmente nei settori tecnologici questa disparità diventa enorme: gli uomini rappresentano infatti l’83% sul totale.
I passi più recenti della politica italiana
Risolvere la disparità di genere nelle materie STEM vuol dire innanzitutto cercare di risolvere il gap salariale, poiché più donne potrebbero competere per i lavori del futuro. Al di là di benefici individuali, avere più donne – e quindi individui – nella scienza ci garantisce più capitale umano per affrontare le sfide tecnologico-scientifiche del futuro. La diversità è poi un elemento essenziale nella scienza: riuscire a osservare un problema da prospettive differenti aumenta la possibilità di trovare soluzioni, tanto che la diversità di un gruppo di persone risulta più importante delle abilità individuali.
Su questo indirizzo e in risposta al peggioramento della condizione femminile dovuta alla pandemia da covid-19, è stata formata una task force tutta al femminile dall’ex Ministro per le Pari Opportunità Elena Bonetti. “Donne per un nuovo Rinascimento” include anche la promozione delle materie STEM, ad esempio tramite l’aggiornamento e il miglioramento dell’insegnamento della matematica nelle scuole, oppure l’incentivazione a proseguire studi STEM a livello universitario e nella ricerca.