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Come il Sudafrica sta diventando xenofobo

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A partire dal 1 gennaio 2020, la nuova legge sui rifugiati è entrata in vigore in Sudafrica, introducendo regole più severe e stringenti. Nelle ultime settimane le proteste sono aumentate, specialmente nei grandi centri di Pretoria e Città del Capo.

Secondo gli ultimi report dell’UNCHR (Agenzia ONU per i rifugiati), il Sudafrica è uno dei Paesi africani con più richieste di asilo, ma allo stesso tempo presenta numerosi malfunzionamenti e problemi burocratici. Gli effetti sono tangibili e si traducono in ritardi nell’assegnazione di status, sovraffollamento delle infrastrutture per l’accoglienza e rallentamento del processo di integrazione dei migranti. Con le nuove disposizioni in materia non si intravedono segnali di miglioramento. Al contrario, aumentano le tensioni sociali in un Paese in cui da oltre 25 anni a questa parte si lotta ancora per la vera fine dell’Apartheid.

Vediamo più nello specifico cosa stabilisce il nuovo regolamento.

Contro i dissidenti politici

Il provvedimento si traduce in una restrizione di fatto dei diritti civili, volti principalmente a colpire i dissidenti politici. In particolare:

  • Nessun rifugiato o richiedente asilo può partecipare in attività politiche o campagne in sostegno di qualsiasi partito o organizzazione con interesse politico, pena la revoca dello status di rifugiato.
  • Ogni individuo a cui è stato revocato lo status di rifugiato diventa immediatamente immigrato irregolare nei termini previsti dalla legislazione nazionale sull’immigrazione.
  • Il ministero d’interesse può revocare immediatamente il visto a rifugiati e richiedenti asilo se ritenuti una minaccia per lo Stato.

L’obiettivo di dissuadere i migranti dall’attività politica è lampante, ma per quale motivo desta tanta preoccupazione?

Le tensioni internazionali

Molti rifugiati che giungono in Sudafrica sono in realtà rifugiati politici, esiliati o fuggiti dalle regioni dell’Africa meridionale, come Rwanda, Zimbabwe e Congo. Per questo motivo, molti ritengono che i dissidenti politici utilizzino il Sudafrica come base organizzativa per portare avanti la loro attività politica nei Paesi d’origine.

Non a caso, il governo del Rwanda ha dichiarato il suo pieno supporto alle nuove disposizioni in materia di rifugiati, ritenendole una valida soluzione per ridurre i focolai terroristici. Infatti, in Sudafrica si trovano i principali membri del Congresso nazionale del Rwanda (NCR), un partito d’opposizione prima perseguitato e poi esiliato dal governo rwandese perché ritenuto una minaccia per la sicurezza pubblica. Inoltre, in seguito alle tensioni del 2014 tra Sudafrica e Rwanda, i due Stati hanno intensificato i rapporti diplomatici. Le nuove leggi sui rifugiati politici si inseriscono proprio in questo scenario di tensioni internazionali tra Paesi confinanti.

Le tensioni nazionali

Altrettanto problematica è la situazione interna al Paese: lo scorso settembre, Amnesty International ha portato alla luce un clima di violenza diffusa in Sudafrica, fatto di aggressioni contro rifugiati, richiedenti asilo e migranti, ma anche di saccheggi di attività commerciali gestite da stranieri. Questi episodi xenofobi si svolgono sotto gli occhi delle autorità sudafricane, che non fermano, ma anzi alimentano la discriminazione nei confronti degli immigrati, spesso utilizzati come capro espiatorio per mantenere consenso politico. Ad esempio, già nel 2016 il sindaco di Johannesburg aveva dichiarato che gli stranieri, in quanto criminali, avevano posto sotto assedio la città. Nel 2018, l’ex Ministro della Salute ha incolpato gli immigrati del malfunzionamento del sistema sanitario nazionale. In generale, per i cittadini sudafricani che aggrediscono stranieri vige l’impunità.

In un Paese democratico in cui proprio in questi giorni vengono portati a processo i responsabili dell’Apartheid, un altro attacco ai diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo comporta un’ulteriore conferma della politica controversa dell’ANC (Congresso Nazionale Africano), storico partito contro la segregazione razziale che è stato guidato anche da Nelson Mandela. Negli ultimi anni, l’ANC ha adottato una dialettica e una linea politica mirate ad assicurarsi la maggioranza dei voti, dato il calo nei consensi degli ultimi anni. Questa volontà di sopravvivenza politica a scapito degli stessi valori fondanti del partito è testimonianza di un pericolo concreto ai danni dei diritti umani e civili in uno Stato chiave nella lotta alla discriminazione.

 

 

 

Giada Garofani
Nata a Cesena nel '96, a Milano da 4 anni. Laureata in Scienze Politiche alla Bocconi, ora frequento il corso magistrale in Economic and Social Sciences. Nel tempo libero vado ai concerti e a mangiare cinese.

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