Secondo lei che impatto ha avuto Fukushima sul nucleare nel mondo?
Fukushima ha avuto un forte impatto soprattutto nei 5 anni successivi all’evento. Guardando i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA), subito dopo Fukushima c’è stato un crollo della produzione dell’energia elettrica per via nucleare. C’è stato anche un fortissimo rallentamento nella costruzione di nuovi reattori, molte nazioni hanno sospeso la costruzione. Alcune nazioni stavano per entrare nel nucleare e ne sono uscite, tra queste l’Italia.
Altri Paesi hanno spento i reattori che avevano in funzione, come ha fatto il Giappone per ovvie questioni di sicurezza. Ad esempio, in Germania sono stati chiusi impianti che erano in funzione e sostanzialmente sicuri. Sono stati chiusi non per motivi di sicurezza, ma per motivi politici. Questo deve essere ricordato, perché le analisi fatte dalle autorità di sicurezza avevano dimostrato che non c’erano rischi particolari per i reattori tedeschi. La scelta è stata prettamente di natura politica, la Merkel si è avvalsa da una commissione etica e non tecnica. L’opinione pubblica ha un forte peso su queste decisioni. Oggi l’attività è ripresa, i dati ci dicono che il mondo produce più energia elettrica per via nucleare rispetto al giorno prima di Fukushima.
Che ruolo avrà l’energia nucleare nel processo di de-carbonizzazione?
Dovrebbe avere un ruolo importante… non dovremmo dimenticarci che le uniche fonti compatibili con la problematica del cambiamento climatico sono le rinnovabili e il nucleare. Tertium non datur. Questa è la situazione tecnica oggi. Dal punto di vista politico c’è un’altra partita perché in Europa le discussioni riguardano il New Green Deal. In questo accordo c’è un problema finanziario… a chi verrà riconosciuta la dignità per accogliere investimenti finanziari? Se l’Europa dovesse decidere di non riconoscere il ruolo del nucleare nela lotta contro i cambiamenti climatici, farebbe una mossa miope dal punto di vista tecnico e scientifico.
Cosa ne pensa del contributo dato da Greta Thunberg nel dibattito sul cambiamento climatico?
Io credo che si debba separare l’argomento Greta in quanto persona e Greta in quanto player mediatico. Da padre di famiglia mi dispiace che questa ragazza non possa andare a scuola per affrontare questa sfida culturale. Dal punto di vista mediatico è una spinta a rendersi consapevoli e pronti ad affrontare nel modo migliore il tema dei cambiamenti climatici. Tutto questo però non basta. Bisogna avere la capacità di sfruttare questa sollecitazione emotiva per farlo diventare lavoro culturale serio, approfondito, senza pregiudizi e ideologie. Oggi le pagine dei giornali non affrontano questo argomento in modo approfondito, serio e completo.