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L’impatto della mobilità sanitaria sugli ospedali italiani e i bilanci regionali

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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L’accesso equo all’assistenza sanitaria è essenziale per garantire il diritto umano fondamentale alla salute per tutti. Tuttavia, la possibilità di utilizzare in modo appropriato i servizi medici differisce notevolmente tra le diverse regioni italiane. Si tratta di una situazione fonte di disuguaglianza, nota da tempo, che non ha ancora trovato una soluzione e che mette alla prova la capacità del sistema sanitario di fornire cure di alta qualità, accessibili e sostenibili, portando molti italiani a cercare cure in altre regioni del Paese. Quali sono le cause della mobilità sanitaria e quali impatti essa ha sulla sostenibilità finanziaria del sistema sanitario italiano? 

La sanità nel nostro Paese è un diritto per tutti?

“La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e come bene della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti…”. E’ così che l’articolo 32 della Costituzione definisce lo scopo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), un sistema di strutture e servizi gestiti dallo stato italiano.

I servizi sanitari in Italia, inizialmente basati su diversi “enti mutualistici” o “casse mutue”, si sono sempre evoluti nel tempo, fino ad arrivare agli anni Novanta, dove siamo giunti alla trasformazione delle istituzioni pubbliche da Unità Sanitarie Locali (USL) ad Aziende Sanitarie Locali (ASL).

L’istituzione delle ASL ha portato ad un aumento dell’autonomia regionale nella gestione dei servizi sanitari, con variazioni significative nell’attenzione data al costo e all’efficienza. Ciò ha avuto un impatto notevole sulla qualità dei servizi offerti tra le diverse regioni italiane, generando una mobilità sanitaria interregionale. 

La caratteristica essenziale del sistema sanitario nazionale è che si pone l’obiettivo di essere un servizio “universalistico”, che garantisce accesso ai servizi sanitari a tutti i cittadini, grazie alla tassazione (tassazione diretta che rappresenta circa il 27,6% del totale – Irap 19,2% e addizionale Irpef 8,3% -, mentre la componente indiretta – Iva e accise – il 59,6%).

L’erogazione di tali servizi avviene, secondo i dati del 2021 del Ministero della Salute, grazie ad un personale sanitario che conta su 617.246 persone (102.491 medici e odontoiatri e 264.768 infermieri, con un rapporto fra infermieri e medici pari a 2,6).

Numerose Regioni non sono in grado di fornire servizi sanitari che raggiungano i requisiti minimi di qualità stabiliti, i quali sono impostati da un sistema di verifica da parte del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG). Esso racchiude una serie di indicatori “CORE” (che hanno sostituito la vecchia Griglia di indicatori LEA) per valutare le erogazioni di servizi da parte delle Regioni. Secondo la Fondazione Gimbe, Regioni come Molise e Campania sono inadempienti, non garantendo un livello di qualità soddisfacente nell’erogazione dei servizi sanitari ai cittadini.

Di conseguenza, non trovando la possibilità di ricevere determinati servizi sanitari, i pazienti sono costretti a spostarsi. Secondo uno studio del Dipartimento di Epidemiologia medica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (Irccs, Milano) pubblicato nel 2023, l’anno in cui si è verificata la pandemia (2020), il 7,6% di tutti i ricoveri ospedalieri ha coinvolto pazienti provenienti da regioni diverse da quella in cui sono stati ricoverati. Il più alto tasso di mobilità (in partenza) si è registrato in Molise (tasso di partenza del 28,1), Basilicata, Calabria e Abruzzo (tasso di partenza del 16,1), contribuendo complessivamente a 86.787 ricoveri, che rappresentano il 16,8% del totale dei ricoveri nazionali al di fuori della regione di residenza. Le Regioni più attrattive per i pazienti in spostamento, con un tasso di mobilità attiva più alto, risultano essere: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto (Grafico 1). Questi spostamenti possono avvenire tra regioni confinanti (come nel 58,7% dei casi) oppure si devono attraversare due (13,9%) o più regioni (27,4%).

Il fatto preoccupante è che, secondo i dati di AOGOI, la mobilità sanitaria è un trend in crescita. Dopo il momentaneo declino degli spostamenti a causa della pandemia, si è ritornati alla mobilità pre pandemia, che ha portato ad un movimento finanziario di più di 4 miliardi di euro.

A causa di questo fenomeno, tra le regioni vengono a instaurarsi rapporti di debito (della regione di partenza nei confronti di quella di arrivo) e credito (della regione di arrivo nei confronti di quella di partenza). Secondo un’analisi di Quotidiano Sanità, le regioni del Nord sono le principali regioni di arrivo, mentre quelle del Sud si qualificano come le Regioni con un maggiore tasso di partenza, diventando le regioni con un maggiore debito (Grafico 2).

Quali sono le cause della mobilità sanitaria?

Le cause di questo problema riguardano principalmente il sovraffollamento (causa e conseguenza delle migrazioni dei pazienti tra le regioni), la limitatezza delle risorse (sia di capitale umano che finanziarie) e le disuguaglianze regionali, sia nell’accessibilità che nella qualità dei servizi (come sottolinea il rapporto “La migrazione sanitaria”, Università di Bologna).

Per quanto concerne quest’ultima causa elencata, la qualità dei servizi erogati (“mancanza di un’adeguata offerta locale”, secondo il saggio pubblicato dalla rivista scientifica “Corti supreme e salute”), possiamo dedurre che sia sicuramente maggiore nelle regioni che possiedono strutture sanitarie specializzate nella cura di determinate aree mediche, grazie alle risorse investite.

Anche i tempi d’attesa dei pazienti (spesso dovuti a mancanza di personale sanitario o sovraffollamento) possono influire sulla decisione di molti pazienti di spostarsi, così come la mancanza di infrastrutture adeguate.

Le cause di questa mobilità sanitaria sono influenzate da una serie di fattori interconnessi ed i numeri continuano ad aumentare, dimostrando una forte preoccupazione per i possibili divari tra le regioni (Assonebb) nell’erogazione dei servizi e nella qualità di questi ultimi. 

Risorse: ripartizione e impatto sui bilanci regionali

La mobilità sanitaria costituisce una sfida notevole per i bilanci regionali, in quanto molte regioni si trovano improvvisamente a fronteggiare una domanda di servizi sanitari molto superiore alle loro aspettative e alle risorse disponibili.

Difatti, le risorse sono ripartite alle regioni a seconda del loro statuto (regioni a statuto ordinario o speciale) e della grandezza della popolazione (quest’ultimo dato corretto per l’anzianità); in aggiunta vi può essere una quota “premiale” se vengono soddisfatti alcuni adempimenti (Osservatorio CPI).

Le risorse sono poi attribuite tenendo in considerazione l’operato delle regioni “migliori”, che forniscono così a livello nazionale degli standard di costo.

Il fatto che le risorse siano distribuite in base alle caratteristiche della popolazione residente nella regione non tiene dunque conto dei pazienti che si spostano momentaneamente per ricevere specifiche cure in altre regioni, rappresentando un problema per l’efficienza di questo sistema di ripartizione, poiché non considera le dinamiche di domanda e offerta delle regioni stesse, creando inefficienze. Difatti,  a causa di questi spostamenti, le risorse sanitarie della regione di origine possono rimanere sottoutilizzate, mentre la regione di destinazione potrebbe essere sovraccaricata, poiché deve fare fronte a una domanda inaspettatamente elevata. 

Per quanto concerne il bilancio delle regioni che accolgono un numero maggiore di pazienti, queste si trovano a dover far fronte, in un primo momento autonomamente, a maggiori costi, i quali si trasformano in crediti nei confronti delle altre Regioni. Infatti, secondo quanto stabilito dalla legge italiana, il rimborso tra Regioni avviene solo in un secondo momento (Corte dei Conti).

La specializzazione di certe regioni e di certi ospedali nell’erogare servizi specifici ha portato il nostro paese ad avere alcune tra le più importanti infrastrutture mediche nella cura di specifiche patologie (secondo la classifica stilata dalla rivista americana Newsweek), come l’ospedale Niguarda di Milano (piazzatosi come primo ospedale pubblico italiano nella classifica di Newsweek del 2023), il Policlinico Umberto I per i trapianti d’organo, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma per la pediatria (9° al mondo), l’ospedale di Padova per urologia.

Tuttavia, i pazienti non si spostano tra le diverse regioni solo per ricevere specifiche cure, ma questa mobilità riguarda spesso servizi ordinari (Grafico 3), che dovrebbero essere garantiti da tutte le regioni e che creano una sorta di paradosso nel territorio: la presenza di alcune strutture di eccellenza (Newsweek) per la cura di determinate patologie da un lato e strutture sanitarie che non riescono ad erogare servizi base dall’altro.

*Mobilità sanitaria interregionale e risorse (Crediti foto: Marek Studzinski via Unsplash)

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