La coalizione del 2018 e la sua composizione centrista
La coalizione di centro-sinistra che si presenta alle elezioni del 2018 vede come capolista il Pd della “rottamazione” di Matteo Renzi. Un Pd centrista e moderato, frutto del processo di trasformazione interno voluto dall’ex premier che durante il suo mandato di segretario ha allontanato storici dirigenti “Dem” come d’Alema e Bersani, tra i fondatori poi di Articolo 1, e preso le distanze dall’ala più a sinistra del partito, convogliata principalmente in Sinistra Italiana (SI). Per la coalizione, Matteo Renzi riunisce i liberal-europeisti di +Europa guidati da Emma Bonino, i centristi di Civica Popolare guidati da Beatrice Lorenzin, Insieme, la lista di ispirazione ulivista dove sono anche presenti i Verdi di Angelo Bonelli, e la lista unitaria formata dal Sudtiroler Volkspartei e dal Partito autonomista trentino tirolese, escludendo apertamente Liberi e Uguali (LeU), gruppo formato dalle diverse formazioni di sinistra.
Per capire questa storica esclusione, bisogna guardare alle vicende susseguitesi nella legislatura precedente. Il centro-sinistra che si presenta alle elezioni del 2013 è guidato dal Pd di Bersani ed è composto dai partiti Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola ed il Partito Socialista Italiano. Riuscendo ad ottenere la maggioranza relativa sia alla Camera dei Deputati che al Senato, Bersani otterrà l’incarico esplorativo per formare un governo, che però risulterà infruttuoso portando alla spaccatura della coalizione. Sarà dunque Enrico Letta, allora vice-segretario del Pd, a formare un governo, cosiddetto “delle larghe intese”, perché sostenuto da forze sia di destra che di sinistra e che, però, durerà, anche a causa dei conflitti interni al partito democratico, poco meno di un anno. Infine, è Matteo Renzi, nuovo segretario Dem, a ricevere il testimone e a formare un nuovo governo.
Approfittando dell’assetto parlamentare tripolare sancito dalle elezioni del 2013 (formato da centrodestra, Pd e Movimento 5 stelle), Matteo Renzi si svincola da quello che era il programma della coalizione di centrosinistra presentato da Bersani, per perseguire politiche più centriste e progressiste. In nome dello “svecchiamento” della politica italiana, dà inizio ad una stagione di riforme che ricevono grande consenso popolare. Questo consenso si materializza alle europee del 2014, quando il Pd ottiene il risultato storico del 40% dei voti. Forte di questo risultato, Renzi continua il suo posizionamento al centro, anche a costo di inimicarsi un’ampia ala del partito, più sensibile ai temi di sinistra. Questo sarà fatale al suo governo che cadrà nel 2016 quando il referendum costituzionale voluto dal suo governo ed ostruito da diverse forze politiche, nonché da alcune correnti Dem, non otterrà la maggioranza dei sì. Il risultato delle elezioni politiche del 2018, in cui la coalizione otterrà circa il 22% dei voti, sancirà anche la fine della sua segreteria a favore di quella di Maurizio Martina, che l’anno dopo perderà le primarie contro l’attuale Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Il programma elettorale del centrosinistra per le Elezioni 2018
La coalizione di centrosinistra che si presenta alle urne nel 2018 è dunque una coalizione più di centro che di sinistra. Non stupisce dunque la messa a parte dei temi economici più di sinistra come la riduzione delle disuguaglianze e dell’ingiustizia sociale ed il sindacalismo. Si punta invece su temi quali l’europeismo, l’innovazione tecnologica, gli investimenti infrastrutturali, l’ambientalismo ed il miglioramento dell’efficacia della pubblica amministrazione. Non mancano però la volontà di introdurre politiche espansive a favore del mercato del lavoro per migliorarne la qualità, soprattutto per i giovani, e la quantità. I giovani, laureati in primis, sono un target privilegiato della coalizione che punta anche ad aumentare i fondi per l’istruzione e gli investimenti nella ricerca e nella valorizzazione del capitale culturale italiano.
Il tentativo di una coalizione ampia, il no da parte dei liberali
Dopo una legislatura travagliata fatta sia di opposizione che di due governi, il Pd si ritrova alla corsa del voto con Enrico Letta come segretario. Viene infatti indicato come successore di Nicola Zingaretti durante l’inizio del 2021, dopo le dimissioni di quest’ultimo per dissidi interni dopo la caduta del Conte II. Inizia così un nuovo tentativo di riposizionamento del partito alla luce dei cambiamenti nel panorama politico italiano. Subito dopo la caduta del governo Draghi, Letta inizia a tessere le fila per la creazione della coalizione di centro-sinistra allargata, anche per via degli incentivi del Rosatellum a creare grandi coalizioni. Intavola discussioni con l’ex-Federazione Repubblicana formata da Più Europa di Benedetto della Vedova e Azione di Carlo Calenda. Al tempo stesso, però, contrariamente a ciò che aveva fatto Renzi, guarda alla sinistra, in particolare alla neo lista Alleanza Verdi Sinistra, capeggiata da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Il tentativo di mettere assieme le anime liberali e progressiste con quelle più socialiste e democratiche però fallisce quando Calenda decide di strappare l’accordo per via della presenza della lista di sinistra, data l’incompatibilità su molti temi come l’energia e la guerra in Ucraina. Alla luce di questi sviluppi, Letta forma una coalizione con Alleanza Verdi Sinistra, Impegno Civico di Luigi Di Maio e Bruno Tabacci e Più Europa di Bonino. Perdendo un’importante componente di centro, la coalizione si sbilancia relativamente più verso sinistra rispetto a prima.
Il programma elettorale del 2022
Nel grafico soprastante è possibile osservare quali sono le parole più frequenti nei programmi dell’attuale coalizione di centro-sinistra. Spiccano i termini “lavoro”, “diritti”, “sociale”, “transizione” (ecologica), ma anche “Unione Europea”, “sviluppo”, “imprese” e “investimenti”. La coalizione affronta quindi chiaramente sia temi cari alla sinistra come il lavoro, lo stato sociale, la transizione ecologica (pesa molto la presenza di Europa Verde) e i diritti civili. Non vengono però dimenticate le prospettive Europeiste del PD e l’attenzione allo sviluppo economico del tessuto industriale Italiano, dell’ala più progressista e riformista del Partito. Queste due anime si possono osservare anche nelle proposte stesse dei vari programmi e nella scelta dei candidati (si va da Carlo Cottarelli al sindacalista Aboubakar Soumahoro).
Pd come forza trainante della coalizione di centrosinistra di l’altro ieri, ieri ed oggi
Alla luce di quanto analizzato, risulta assai evidente come negli anni il leader del Partito Democratico abbia avuto un ruolo fondamentale nella formazione della coalizione di centro-sinistra. Bersani e Renzi, i cui posizionamenti politici rispecchiano le anime contrapposte del partito, rispettivamente quella più a sinistra e quella liberale, hanno (abbastanza) facilmente individuato i partiti minori a cui allearsi in vista delle elezioni. Enrico Letta invece ha provato a creare una coalizione attorno ad un’estesa area liberal-democratica, data anche la sua missione principale come segretario Dem, che era quella di riunificare le diverse correnti del partito, ed ha incontrato ostacoli più grandi. Si poteva intravedere in questa sua strategia, l’ambizione a rendere il Pd un vero e proprio catch-all-party, prendendo a modello il Partito Social Democratico (SPD) tedesco o la vecchia Democrazia Cristiana.
Letta si è presentato ai tavoli per la definizione della coalizione del centro-sinistra forte di una linea politica coerente con questa ambizione. Infatti nella legislatura Draghi, il gruppo parlamentare Dem è stato fortemente filo-atlantista ed europeista, ma anche molto attento ai temi dei diritti e del lavoro. Ciò che però ha impedito il coronamento del lavoro intrapreso da Letta è forse stato un rapporto di forze inatteso con i partiti che avrebbero dovuto fare parte della coalizione. L’accordo elettorale negoziato tra Calenda, Della Vedova e Letta per esempio prevedeva la cessione di un terzo dei seggi ai liberali ed il restante al partito democratico. Benché i sondaggi non rispecchiavano questa ripartizione di forze, per la prima volta si sarebbe trattato di un centro-sinistra solo parzialmente controllato dal Pd. In effetti, Letta non è riuscito a negoziare l’inclusione di Alleanza Verdi Sinistra. Il tentativo poi di imporre all’alleato liberale la formazione di sinistra ha fatto saltare l’accordo, rendendo chiaro il fatto che la coalizione di centro-sinistra può solo esistere con il benestare del Partito Democratico.