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La disinformazione nella guerra in Ucraina: un case study per PROMPT

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Questo case study del progetto PROMPT approfondisce il ruolo della disinformazione come componente strutturale della guerra russa contro l’Ucraina. L’analisi si inserisce nel quadro metodologico introdotto nei precedenti articoli del progetto, dedicati alla natura delle narrative manipolative e agli strumenti analitici – linguistici e computazionali – sviluppati dal consorzio PROMPT.

Attraverso fonti di fact-checking, indagini internazionali e report specializzati, il caso ucraino mostra come la guerra informativa russa non accompagni semplicemente il conflitto militare, ma ne costituisca un pilastro operativo, volto a legittimare l’aggressione, disorientare l’opinione pubblica globale e indebolire la volontà di sostegno all’Ucraina.

La dimensione informativa della guerra russo-ucraina

Sin dalle fasi iniziali dell’invasione russa del 2022, la dimensione informativa è stata impiegata dal Cremlino con obiettivi strategici precisi. Non si tratta di una semplice sovrastruttura propagandistica: la guerra informativa costituisce un vero e proprio strumento operativo, essenziale per preparare il terreno, giustificare l’aggressione e garantire impunità politica ai vertici russi.

La narrativa russa ha costruito una falsa rappresentazione degli eventi, presentando l’invasione come un atto difensivo e “preventivo”, giustificato da presunti crimini ucraini nel Donbass, o da un fantomatico allargamento della NATO, alla quale l’Ucraina aveva rinunciato ad aderire dopo il 2008 . Questi elementi non sono stati elaborati ex post: numerosi report dimostrano che essi sono stati preparati e disseminati con largo anticipo, in una strategia coerente di “information alibis”, ovvero alibi informativi destinati a precedere, accompagnare e coprire future violazioni del diritto internazionale.

Dalla falsificazione storica al mito del “genocidio nel Donbass”

Una delle narrazioni più pervasive nella propaganda russa è quella secondo cui Kiev avrebbe perpetrato un genocidio contro le popolazioni del Donbass sin dal 2014. Fact-checking indipendenti – tra cui DW, l’OSCE e rapporti delle Nazioni Unite – smontano integralmente questa costruzione.

Non esiste alcuna prova che indichi un piano sistematico di sterminio. Le cifre evocate da Mosca, spesso pari a 13.000 o 14.000 vittime, sono state manipolate: si tratta del numero complessivo di morti tra il 2014 e il 2021, comprendenti civili, militari ucraini e combattenti delle milizie separatiste sostenute dalla Russia. Secondo l’ONU, i civili uccisi nel Donbass in quel periodo sono circa 3.400, con un picco drammatico nei primi due anni e un crollo delle vittime fino a poche unità annue negli anni successivi. La stessa autoproclamata “Repubblica Popolare di Donetsk” riporta numeri analoghi.

La retorica del genocidio non si fonda quindi su dati, ma su una narrazione artificiale costruita per conferire legittimità morale all’aggressione. È un tassello centrale della strategia russa, funzionale tanto alla mobilitazione interna quanto alla disinformazione internazionale.

Gli “information alibis”: preparare il terreno ai crimini di guerra in Ucraina

Il recente rapporto Manufacturing Impunity offre una chiave interpretativa cruciale: la Russia utilizza la disinformazione non solo per distorcere la percezione pubblica, ma come parte integrante della pianificazione di operazioni militari illegali. Gli “information alibis” consistono nella diffusione preventiva di accuse, falsi pretesti e scenari costruiti per attribuire a Kiev responsabilità che appartengono invece a Mosca.

Un esempio emblematico è il bombardamento dell’ospedale materno di Mariupol (9 marzo 2022). Pochi giorni prima dell’attacco, funzionari russi, incluso il rappresentante permanente all’ONU, avevano sostenuto che la struttura fosse una base militare ucraina. Subito dopo il bombardamento, la medesima falsità è stata rilanciata come presunta “prova” che si trattasse di una provocazione ucraina.

Lo stesso schema si ripete nel teatro di Mariupol, nella distruzione della diga di Kakhovka e nel massacro dei prigionieri ucraini a Olenivka: mesi prima di questi eventi, account ufficiali, media di Stato, ONG parastatali e influencer filorussi avevano già diffuso le future giustificazioni, creando un ecosistema narrativo pronto a distorcere la percezione interna ed esterna.

In questo senso, la disinformazione non è un effetto collaterale: è una fase operativa della condotta bellica russa.

La propaganda come arma strategica: disorientare l’Occidente sulla guerra in Ucraina

Accanto agli obiettivi interni e operativi, la Russia utilizza la disinformazione per influenzare le opinioni pubbliche occidentali. Un obiettivo chiave è quello di instillare l’idea di una vittoria russa inevitabile. Si tratta di una linea narrativa costruita con cura: Mosca insiste nel rappresentare la caduta del Donbass come imminente, il crollo militare ucraino come prossimo e la stanchezza occidentale come un dato di fatto.

Eppure, i dati raccolti sul campo raccontano una storia opposta. Analisi indipendenti mostrano come i progressi russi procedano a un ritmo estremamente lento – in alcuni settori si parla di poche centinaia di metri al mese – e solo al prezzo di perdite elevatissime. Perfino nel caso di Pokrovsk, rappresentato da mesi come “pronto a cadere”, l’avanzata procede a un ritmo di logoramento, nonostante un dispiegamento massiccio di uomini e mezzi.

La manipolazione mediatica tende invece a presentare ogni minimo avanzamento come decisivo e ogni difficoltà ucraina come segnale di un crollo imminente. Così si alimenta nell’opinione pubblica internazionale la percezione che il sostegno a Kiev sia inutile o destinato al fallimento. È una strategia che mira a minare la coesione euro-atlantica e a ridurre la determinazione degli alleati.

Resilienza informativa: il contributo di PROMPT

Il caso ucraino mostra l’importanza di un approccio avanzato alla disinformazione, come quello sviluppato da PROMPT. La matrice semantico-assiologica permette di individuare le leve retoriche – vittimizzazione, inversione delle responsabilità, manipolazione emotiva – che costituiscono l’architettura della propaganda russa. La network analysis traccia invece la circolazione e la trasformazione di queste narrative nelle diverse comunità digitali, evidenziando i nodi di amplificazione e gli attori chiave.

L’integrazione di queste metodologie consente di comprendere come la disinformazione non si limiti a “raccontare” la guerra, ma la produca attivamente: modella la percezione pubblica, influenza il comportamento degli attori e prepara il terreno per operazioni militari e politiche.

Cosa si apprende dalla disinformazione nella guerra in Ucraina?

La guerra in Ucraina dimostra che la disinformazione è uno strumento operativo centrale della strategia russa, non un mero contorno. Le false narrazioni sul Donbass, gli alibi informativi preparati con largo anticipo e la costante pressione per costruire il mito della vittoria inevitabile servono a un duplice obiettivo: giustificare l’aggressione e indebolire il sostegno internazionale all’Ucraina.

In questo senso, il caso ucraino si affianca a quello romeno come un esempio complementare e particolarmente istruttivo: se in Romania la manipolazione algoritmica ha mostrato come un’elezione democratica possa essere distorta dall’interno, l’Ucraina dimostra come quello stesso ecosistema informativo possa essere utilizzato in modo sistemico per preparare, giustificare e accompagnare una guerra di aggressione. Le due dinamiche – interferenza elettorale e disinformazione bellica – non sono separate, ma parti di un’unica strategia ibrida.

All’interno del progetto PROMPT, questi casi evidenziano come la minaccia informativa sia transnazionale, adattiva e profondamente integrata nelle strategie di attori ostili, statali e non: dai pretesti costruiti per delegittimare un voto, agli “information alibis” pensati per coprire atti illegali di ogni tipo (inclusi crimini di guerra). Contrastarla richiede non solo capacità reattive, ma un’architettura di resilienza cognitiva capace di anticipare, analizzare e neutralizzare le narrative manipolative e ostili.

*Immagine di copertina: [PROMPT project logo via The European Narrative Observatory/PROMPT]
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