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Tra piccoli reattori e grandi incertezze: la nuova fase del dibattito sul nucleare in Europa

dibattito sul nucleare in Italia

A distanza di un anno dall’ultima analisi sul tema da parte della redazione, il dibattito sul nucleare è tornato centrale. Alla luce delle nuove dinamiche politiche ed energetiche, quest’articolo analizza gli sviluppi più recenti sia a livello italiano sia europeo, valutando le prospettive future e la fattibilità dell’introduzione degli Small Modular Reactors (SMR) nel quadro della transizione energetica.

Una nuova fase per il dibattito sul nucleare

Negli ultimi mesi del 2025 la questione del nucleare è tornata al centro del dibattito europeo, sospinta dalla necessità di rispettare gli obiettivi climatici e dalla crescente volatilità del contesto geopolitico. 

La Commissione europea, con l’intenzione di rafforzare il percorso verso la decarbonizzazione e la sicurezza energetica, ha lanciato a novembre una call for evidence dedicata al nucleare, conclusa il 4 dicembre 2025. L’obiettivo di questa iniziativa, strumento spesso utilizzato in concomitanza con la volontà di creare nuove leggi, politiche o regolamenti comunitari, è stato quello di raccogliere contributi da Stati membri, agenzie competenti e stakeholder sulla fattibilità dell’introduzione degli Small Modular Reactors (SMR).

Gli SMR sono considerati una possibile tecnologia di avvio per il ritorno del nucleare nel mix energetico europeo. I risultati della consultazione costituiranno la base della futura strategia che la Commissione presenterà nella prima metà del 2026.

SMR: definizione, caratteristiche e punti di forza

Il fatto che gli SMR siano stati collocati al centro della prima fase della riflessione europea non è casuale. La loro principale peculiarità risiede nelle dimensioni ridotte e nella modularità: possono essere prodotti in componenti separati, assemblati in loco e adattati a esigenze territoriali differenti. La capacità energetica di circa 300 MW elettrici, un terzo rispetto ai reattori convenzionali, contribuisce a rappresentarli come impianti più “gestibili” sia sul piano tecnico sia nell’immaginario collettivo.

Il nucleare europeo porta infatti un’eredità complessa. Dopo Chernobyl e Fukushima, nell’opinione pubblica si è consolidato un forte tabù legato alla sicurezza, agli incidenti e alle radiazioni. La figura del piccolo reattore, meno imponente e più flessibile, può facilitare un riavvicinamento al tema del nucleare e ridurre la percezione di rischio. Questa dimensione simbolica, per quanto non tecnica, gioca un ruolo importante nella strategia comunicativa e politica della Commissione.

Possibili benefici degli SMR per il contesto europeo

L’introduzione degli SMR potrebbe produrre effetti rilevanti sulla politica energetica dell’Unione. Le scadenze fissate per la transizione, 2029 per il breve termine, 2040 per il medio e zero emissioni entro il 2050, richiedono un mix energetico capace di garantire sicurezza, costanza e riduzione dell’inquinamento. Pur restando le rinnovabili la priorità assoluta, gli SMR si presentano come fonte complementare, in grado di offrire produzione stabile e prevedibile, limitando la dipendenza da sistemi di accumulo che oggi non sono ancora pienamente maturi.

Gli SMR potrebbero, inoltre, rafforzare lautonomia strategica europea. La dipendenza storica dai Paesi esportatori di combustibili fossili, unita ai deteriorati rapporti diplomatici con la Russia a partire dal 2022, ha mostrato la fragilità dell’approvvigionamento energetico. Più di dieci Stati membri hanno espresso un sostegno netto al progetto, motivato dalla necessità di diversificare le fonti e ridurre la vulnerabilità geopolitica. Tra questi figura ovviamente la Francia, leader indiscusso nel progetto pro-nucleare europeo, che può contare sul proprio territorio su colossi come Orano e Newcleo, entrambi attivi nell’elaborazione di progetti che potrebbero portare alla luce il primo reattore modulare entro il 2030, data fissata come lo scenario più ottimistico possibile dalla Commissione europea. 

Infine, proseguendo sul piano industriale, gli SMR rappresentano un settore in forte crescita e particolarmente attrattivo anche per investimenti privati in tutto il continente. Aziende europee come Rolls-Royce e diversi partenariati pubblico-privati hanno avviato programmi di ricerca e prototipazione, evidenziando la possibilità di costruire una filiera nucleare europea competitiva. Se sostenuto adeguatamente dalle istituzioni europee, questo scenario potrebbe generare opportunità occupazionali e spillover tecnologici significativi.

SMR in Italia: è una via percorribile?

Il 16 giugno 2025 segna una data chiave per il posizionamento italiano sulla tematica: l’Italia è passata dallo status di osservatore a membro effettivo dell’Alleanza Nucleare Europea, modificando una linea politica che negli ultimi decenni era stata definita da due referendum contrari al nucleare, nel 1987 e nel 2011.

Tale scelta riflette un insieme di motivazioni politiche ed economiche. Da un lato, il governo Meloni ha inserito il nucleare tra i pilastri della propria strategia energetica; dall’altro, il Paese ha registrato nel 2024 un forte aumento dei consumi elettrici, che ha riportato il tema della sicurezza e dell’ottimizzazione energetica al centro dell’agenda nazionale.

Alcuni nodi irrisolti sul nucleare in Italia

Tuttavia, il passaggio alleffettiva realizzazione di SMR in Italia presenta numerose incognite. Da un lato, il nostro Paese possiede indubbiamente competenze industriali rilevanti, in particolare grazie alla presenza di imprese di eccellenza come Fincantieri e Ansaldo che lo collocano, in termini di imprese iscritte alla rete SMR, secondo in Europa immediatamente dopo la Francia. Dall’altro, questo interessante scenario si scontra inevitabilmente con ostacoli legati ai costi e alle tempistiche. Gli SMR sono progettati per essere più economici dei reattori tradizionali, ma le prime esperienze internazionali mostrano come i costi tendano spesso a superare le stime iniziali. Considerando lelevato debito pubblico italiano, un eventuale investimento nel nucleare richiederebbe un piano finanziario preciso e a prova di imprevisti.

Un ulteriore nodo riguarda il rapporto con le rinnovabili. L’Italia sta accelerando sul fotovoltaico e sull’eolico, che nel breve periodo restano le tecnologie più efficaci per ridurre le emissioni. Un forte impegno sul nucleare potrebbe sottrarre risorse economiche e attenzione politica allo sviluppo delle rinnovabili, rallentando un percorso già avviato e potenzialmente più immediato nei risultati.

Rimane poi la componente sociale. Sebbene i recenti sondaggi mostrino una riduzione del fronte contrario, l’opinione pubblica resta divisa. Lintroduzione degli SMR richiederebbe trasparenza, informazione tecnica e un coinvolgimento costante della popolazione. Un avanzamento troppo rapido rischierebbe di riaprire tensioni politiche e sociali che il Paese ha già sperimentato in passato.

In conclusione, la via degli SMR in Italia appare, a oggi, percorribile solo nel lungo periodo. L’unico segnale concreto è una prudente apertura alla loro implementazione, legittimata dall’ingresso nell’Alleanza Nucleare Europea e dal forte interesse manifestato dalle principali industrie nazionali attive nel settore, ma ancora lontana da scelte operative.

Cosa ci riserva il futuro del dibattito sul nucleare?

La call for evidence avviata dalla Commissione segna indubbiamente l’inizio di una nuova fase del dibattito europeo sul nucleare. L’attenzione politica verso gli SMR riflette l’esigenza di costruire un sistema energetico resiliente e coerente con le sfide climatiche. Tuttavia, questa tecnologia, pur promettente, presenta ancora numerose criticità: costi elevati e incerti, tempistiche non sempre compatibili con l’urgenza crescente della transizione, e un’efficacia ambigua in un contesto di progressivo disimpegno globale, nel quale il modello dell’UE dovrebbe invece fungere da riferimento centrale. A ciò si aggiungono interrogativi irrisolti sulla gestione delle scorie, che potrebbero generare esternalità superiori ai benefici stessi derivanti dall’introduzione del nucleare.

Gli stessi dubbi riguardano lItalia, che osserva il dibattito europeo con attenzione ma deve confrontarsi con i propri limiti finanziari e infrastrutturali. I prossimi mesi saranno determinanti: la strategia europea attesa nel 2026 offrirà un quadro più definito, utile a capire se gli SMR potranno diventare una componente reale della politica energetica o se il loro ruolo resterà confinato a ipotesi e sperimentazioni.

Quel che è certo è che il dibattito non si fermerà. Sia per Roma che per Bruxelles, il 2026 sarà un anno decisivo per valutare se questa nuova fase porterà a sviluppi concreti o se si tradurrà nell’ennesimo vicolo cieco.

*Immagine di copertina: [Foto di Kilian Karger via Unsplash]

Analisi a cura di Lorenzo Pagani

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