La grande novità rispetto al passato, in particolare negli Stati Uniti, potrebbe essere l’ingresso dei privati nel settore della Space Economy. Da quando esistono, le attività spaziali sono cresciute e si sono sviluppate principalmente sotto l’iniziativa delle agenzie governative (Nasa, Esa, Roscosmos). Oggi, invece, analizzando i dati Ocse sugli investimenti dei più importanti programmi nazionali sembrerebbe che nulla si stia muovendo. Il cambiamento infatti non può essere estrapolato dai grafici sugli investimenti pubblici: l’economia spaziale è diventata un business profittevole e le aziende stanno rapidamente diventando il vero motore dell’attività spaziale.
I servizi satellitari e la loro doppia funzione: civile e militare
Negli Stati Uniti, molti miliardari (come Jeff Bezos, Bill Gates ed Elon Musk) hanno già deciso di investire in attività spaziali, talvolta ricevendo finanziamenti e appalti da parte della Nasa. Trainata dai servizi satellitari commerciali, nel 2019 la space economy ha raggiunto e superato i 400 miliardi di ricavi complessivi, e secondo la Bank of America gli affari triplicheranno nei prossimi 10 anni. Quella spaziale è un’industria improntata su produzioni tecnologiche ad alto valore aggiunto, al giorno d’oggi le infrastrutture satellitari svolgono un ruolo sempre più fondamentale all’interno delle economie avanzate e una lunga serie di attività economiche è resa possibile grazie ai servizi energetici, finanziari, di geolocalizzazione e meteorologici garantiti dal funzionamento dei satelliti.
Oltre agli interessi economici, di sviluppo e di ricerca scientifica, gli Stati guardano sempre di più allo spazio da una prospettiva securitaria. Le tecnologie spaziali, i razzi per il trasporto dei carichi in orbita e le infrastrutture satellitari, sono spesso e volentieri impiegati e impiegabili militarmente (un terzo dei ricavi dell’intera industria dipende oggi da commissioni e appalti da parte delle forze armate). In epoca spaziale la sicurezza nazionale non può più prescindere dal controllo di ciò che succede nello spazio e dalla difesa delle proprie strutture in orbita terrestre. Sulla scia di queste considerazioni, anche in questo caso comincia a prendere forma una competizione fra le principali potenze. Lo sviluppo da parte di cinesi (BeiDou) ed europei (Galileo) di un proprio sistema di geolocalizzazione indipendente dai satelliti americani è un segnale evidente della volontà di emanciparsi quanto più possibile dagli Stati Uniti e dalla loro supremazia tecnologica.
Il primato degli Stati Uniti
Nel prossimo decennio, infatti, potrebbero essere proprio gli Stati Uniti i principali protagonisti delle attività spaziali. Nonostante negli Usa, in seguito alla chiusura del programma Space Shuttle nel 2011, siano rimasti sprovvisti di una capsula capace di portare i loro astronauti in orbita, la Nasa ha continuato a investire tempo e risorse nelle missioni sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). Nel 2020 SpaceX ha sviluppato per l’agenzia governativa americana un nuovo sistema per il lancio di esseri umani in orbita, inoltre con l’avvio del programma Artemis l’agenzia spaziale statunitense punta a costruire una stazione orbitante attorno alla Luna a partire dal 2024 e a stabilire una base lunare permanente entro la fine del decennio.
Il vantaggio di Washington rispetto agli altri Paesi è composto da due elementi: da un lato, una capacità di investimenti pubblici nell’industria spaziale nettamente superiore a quella degli altri Paesi; dall’altro lo sviluppo ormai in fase avanzata di aziende private molto competitive (come SpaceX) che, spesso in compartecipazione con gli apparati pubblici, finanziano lanci e missioni umane nello spazio. Ciò che più rallenta le attività spaziali sono i costi di trasporto dei carichi in orbita, e l’arrivo di SpaceX ha portato ad un abbassamento dei prezzi di lancio mai visto in precedenza. Anche per questo motivo la nascita di società private molto innovative e la presenza di un mercato competitivo sono diventati elementi di vantaggio strategico per gli Stati Uniti.
Il distacco tecnologico rispetto al resto del mondo si fa molto ampio specialmente per quanto riguarda le infrastrutture di lancio (i razzi). Per fare un esempio, l’agenzia spaziale russa (Roscosmos) punta a sviluppare una tecnologia simile a quella si SpaceX entro il 2026, con un ritardo di 16 anni rispetto al primo lancio effettuato dall’azienda di Elon Musk.
Le difficoltà europee e la novità cinese
Il crollo dei prezzi generato dall’arrivo di SpaceX sta mettendo in seria difficoltà anche gli europei. L’Agenzia spaziale europea (Esa) fino a pochi anni fa dominava il mercato dei lanci commerciali mentre adesso i vettori europei stanno rapidamente perdendo competitività e quote di mercato. L’offerta europea per il trasporto spaziale è infatti dominata dai monopoli statali, e la frammentazione politica ostacola il perseguimento di una politica di difesa unica e condivisa, che a sua volta, penalizza l’industria spaziale europea rispetto a quelle di Cina e Usa. Molto dipende dal processo di integrazione fra gli Stati europei in termini di politica di difesa e dal dialogo sullo sviluppo congiunto di Galileo: il nuovo sistema di posizionamento per rendere l’Europa indipendente dalle infrastrutture militari americane (dal Gps).
Ad ogni modo, la vera competizione spaziale che sembra prendere forma oggi è quella tra Cina e Stati Uniti. Le attività spaziali cinesi si sono intensificate negli ultimi anni: nel 2018 la Cina è diventata per la prima volta il Paese col maggior numero di lanci effettuati, mentre nel dicembre 2020 la missione Chang’e 5 è riuscita a riportare materiale lunare sulla Terra per la prima volta da oltre 40 anni. In aggiunta, la Cina dispone di un mercato interno molto dinamico: negli ultimi anni si è assistito a un boom delle attività private, e sembra che il governo abbia intenzione di instaurare un modello di cooperazione pubblico-privato sulla scia dell’esempio statunitense. Per mantenere il proprio dominio nello spazio (o nel caso della Cina, per evitare di perderlo completamente) è importante che l’industria nazionale sia in grado di rimanere competitiva e di conquistarsi un posto di primo piano nei mercati internazionali.
Nel 2015 la Repubblica popolare cinese ha deciso che lo spazio dovrà diventare un obiettivo principale della propria strategia di difesa. Alla luce del potenziale utilizzo a scopi bellici delle infrastrutture satellitari è probabile che il rinnovato interesse cinese verso lo spazio dipenda dalla volontà di arginare il dominio americano nelle attività orbitali, in quanto gli Stati Uniti controllano un numero di satelliti 4 volte maggiore rispetto a quello cinese.
Geopolitica dello spazio e governance comune
La rapidità di sviluppo di questo nuovo settore e l’essenzialità dei servizi satellitari rendono altamente strategico lo spazio orbitale intorno alla Terra. Lo spazio è ormai diventato un potenziale campo di battaglia e la recente creazione da parte di Francia e Stati Uniti di una loro Space Force non fa che confermare questa tesi. Tutto questo movimento non può che destare serie preoccupazioni, anche perché le tecnologie e gli armamenti continuano ad aggiornarsi, mentre lo spazio al di sopra di quello aereo è regolamentato da un trattato sottoscritto quasi 60 anni fa, non pienamente in grado di disciplinare in modo consono una competizione tra potenze.
La prima nazione a mettere nuovamente piede sulla Luna e a stabilirvi una colonia permanente realizzerebbe senza alcun dubbio un’efficace dimostrazione della propria potenza. È auspicabile però che la competizione avvenga in modo pacifico, secondo il rispetto di regole concordate e accogliendo il prima possibile Russia e Cina in un sistema di cooperazione e di governance collettiva dello spazio.